Tra i tre litiganti, il quarto gode. Non il berlusconiano Brocchi, non il gallianiano (e sacchiano) Giampaolo e nemmeno il “cinese” de Boer: il Milan ha scelto Montella. Ha prevalso un profilo di totale compromesso, sia tra le parti in trattativa per la cessione del club sia in seno a via Aldo Rossi: spinto dalla cordata di Pechino, ma assai gradito anche al presidente Berlusconi e all’attuale dirigenza. La scelta dell’Aeroplanino ha spiazzato poiché sparito dai radar rossoneri da qualche tempo, ma a rigor di logica (pensando agli allenatori disponibili e in attesa di acquisti decisi e mirati) è perfetta. Anche perché la “benedizione” del Cavaliere – suo estimatore come persona e come mister già in tempi non sospetti – è fondamentale per avere vita lunga al Milan: il precedente Mihajlovic, accettato con riserva ma mai gradito e punzecchiato sin dalle prime partite sbagliate, insegna più di mille parole.
Innanzitutto, Vincenzo Montella è un allenatore vero. Con esperienze (in larga parte positive) in Serie A e in Europa League: dopo essere passati per neofiti pressoché totali come Seedorf, Inzaghi e Brocchi, non è cosa da poco. Avendo pure un curriculum, al netto del “buco” Samp, estremamente favorevole: ok da traghettatore della Roma, benissimo a Catania, complessivamente bene alla Fiorentina per gioco e risultati. In Italia, nessun emergente ha fatto meglio di Montella. Ed è, ovviamente, un profondo conoscitore del nostro calcio: affidare la panchina a uno straniero “ignorante” del difensivismo e della praticità tipici della Penisola sarebbe stato uno spauracchio non indifferente. L’Aeroplanino conosce bene la mentalità italiana pur professando un calcio offensivo, propositivo e palleggiato, ma piace anche per classe, aplomb e aziendalismo: doti fondamentali per trovare la simpatia di Berlusconi, il favore dei tifosi e l’alone di tecnico con stile e idee “da Milan”.
La stagione difficile alla Sampdoria non deve ingannare: Montella ha dovuto fare i conti, da subentrato, con una società complicata, calciatori inadatti alle sue idee e una rosa stravolta in corso d’opera. Aver ottenuto una salvezza relativamente tranquilla, date queste premesse, non può essere considerato un fiasco totale. Vincenzo sembra la scelta più saggia, equilibrata e sensata che si potesse fare. Più dell’incognita Brocchi, più del maestro di provincia Giampaolo e più del (seppur bravo) straniero de Boer. Senza contare che l’Aeroplanino è da sempre un cuore rossonero, napoletano ma fan sfegatato di Sacchi e soprattutto di van Basten: “Lo preferivo a Maradona“, ha ammesso di recente il tecnico. Ripartire da chi ama veramente il Milan, per questo Diavolo da rifondare negli uomini e nell’animo, può essere la prima carta vincente.