Milan e cinesi, Emery (più Monchi?) e Pellegrini si giocano la panchina

Nel Milan che parla ormai cinese va di moda la lingua spagnola, ma di Emery o di Pellegrini? Sono loro i nomi forti in ballottaggio per la panchina della prossima stagione, già sull’agenda di Galliani. Berlusconi non ha ancora deciso se vendere la maggioranza e l’affare è nelle mani di Fininvest, però col passare dei giorni si capisce sempre di più come la caccia al nuovo allenatore sia un concetto condiviso insieme ai possibili investitori orientali (rappresentati in Italia dal manager Gancikoff).

Le attenzioni per Emery risalgono almeno a due estati fa: prima il tecnico basco aveva una clausola irrisoria e Silvio preferì dare fiducia a Inzaghi, poi si preferì puntare su una guida più esperta della Serie A (Mihajlovic). Oggi, a sorpresa, in Andalusia c’è aria da rompete le righe, a dispetto della terza Europa League di fila conquistata: dopo 16 anni si è dimesso il dirigente Monchi e non va escluso un passo ugualmente plateale da parte del 44enne Unai. E se proseguissero in coppia in rossonero? Provocazione de La Gazzetta dello Sport, al momento improbabile anche perché eventualmente dipenderà dagli acquirenti del club di via Aldo Rossi. Ma scenario da tenere comunque in considerazione, nonostante sembra che il ds sarà chiamato a versare un indennizzo di 5 milioni al Siviglia se vorrà cambiare squadra; così come è intorno ai 3 milioni la liberatoria del mister. Non meno costosa la strada che porta a Pellegrini, appena liberato dal Manchester City e già protagonista per aver rifiutato lo Zenit. Il cileno ha un cachet sui 6 milioni e mezzo: evidente che voglia ripartire da una società che condivida un progetto ambizioso.

E Brocchi? Spera nel Diavolo giovane e italiano, quindi che il presidente rimanga al comando. Poi non cattura grandi attenzioni il profilo di Garcia, sotto contratto con la Roma e il cui agente vanta buoni rapporti in Oriente. Giampaolo, infine, appare quasi un capitolo chiuso.