Purtroppo c’è poco da dire. Poco di diverso rispetto a quello che ripetiamo da mesi. Pur in mezzo a mille difficoltà in questa stagione il Milan di Milanello era stato meglio del Milan di via Aldo Rossi. L’unità della squadra era sicuramente superiore a quella della società. La professionalità dei giocatori era stata superiore a quella dei dirigenti. Le scelte di Mihajlovic erano più coerenti di quelle di Berlusconi. Ebbene, con la scelta cervellotica di cambiare l’allenatore a 6 partite dalla fine, siamo riusciti a rovinare anche quanto di buono (non moltissimo) era stato costruito fino a quel momento.
Adesso non si capisce più se è peggio la squadra in campo oppure la società in sede. Uno peggio dell’altro. E si condizionano reciprocamente in un finale di stagione che, per il terzo anno di fila, sta perdendo quello che Mihajlovic aveva faticosamente provato a restituire: la dignità. Ovviamente la colpa non è e non può essere di Brocchi, ma di chi l’ha messo lì imponendogli oltretututto scelte tecniche sui giocatori e sulla filosofia di gioco. Lui esegue e non potrebbe fare altrimenti, alla ricerca di un’improbabile riconferma per la prossima stagione. A farne le spese è come sempre il nostro Milan che contro Carpi, Verona e Frosinone raccoglie due miseri punti. Con 3 vittorie saremmo stati quindi davanti alla Fiorentina. Siamo riusciti anche quest’anno nell’impresa di “missare” nuovamente l’Europa League. Forse saranno contenti i signorini che si “allenano” (tra molte virgolette) a Milanello che non saranno costretti ad interrompere anzitempo le loro vacanze. Per qualcuno, tra l’altro, sono già cominciate visto il moltiplicarsi degli infortuni. I meno maliziosi hanno individuato come causa il “cambio di preparazione”. Tutto questo con un allenatore che, suo malgrado, è costretto a dire che “ci sono miglioramenti nel gioco”, mentre la fotografia migliore l’ha scattata il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri che dopo Frosinone ha detto: “Giochiamo da schifo”.
Il problema è che non li investono nel Milan. Il motivo è semplice: mettere soldi in una società che vale 800 milioni e ne perde 90 all’anno non significa “investire”, ma “sperperare”. E nessuno, tantomeno i cinesi, hanno voglia o interesse a farlo. Gli unici che hanno “interessi” sono gli intermediari di queste trattative. Quelli non mancano mai.
This post was last modified on 4 Maggio 2016 - 17:35