Commentare una sconfitta in una finale, seppur di Coppa Italia, non è mai bello per un tifoso rossonero. Neanche per chi, in totale polemica contro la gestione societaria, potrebbe considerare questo risultato una utile aggiunta di benzina sul fuoco della rabbia di una tifoseria stanca di questa situazione.
Il mio parere sull’operato della dirigenza ha origini lontane e non sarebbe di certo bastata una Coppa, una volta ritenuta “del nonno” in quel dell’allora sede di via Turati, per cancellare mesi e mesi di castronerie dirigenziali.
Quella vista ieri è stata la terza gara stagionale dei ragazzi contro la Juventus. Terza gara giocata con grinta, determinazione e con il coltello tra i denti, ma dallo stesso inequivocabile epilogo, la sconfitta.
Non è bastato un Milan dalla grande intensità e dal dominio a tratti totale del gioco, per superare una delle versioni più spente della Juventus targata Allegri. Se la sconfitta arriva poi nei tempi supplementari con il primo vero tiro nello specchio della porta difesa dal sempre pronto Donnarumma, la delusione resta tanta.
Inutile ripercorrere la cronaca di una partita che avete visto tutti. Quello che volevo invece evidenziare è la sottile linea che ci ha visto differire dalla compagine bianconera nelle tre gare di quest’anno. Azzerate le differenze tecniche a suon di corsa e polmoni, il Milan è mancato anche oggi nella qualità dei cambi a disposizione. Se da una parte Mister Allegri ha potuto rispondere alla pressione dell’ottimo Calabria, con Alex Sandro, alla stanchezza di Lichtsteiner con il pericoloso Cuadrado e all’apatico Hernanes con il letale spagnolo Morata, sull’altra panchina Mister Brocchi ha dovuto sfogliare una margherita formata da comparse ed ex giocatori.
Christian Brocchi ha commesso sicuramente degli errori nell’ultima parte dei supplementari. La scelta del modulo 4-2-3-1, con i due di centrocampo che oramai avevano dato tutto e la mancata reazione al cambio di tattica dell’allenatore di Livorno, passato nell’ultimo quarto d’ora finale al solido 4-4-2, sono colpe che qualsiasi frequentatore di Coverciano imputerebbe all’allenatore rossonero.
Ma a ragion del vero, anche l’allenatore migliore del mondo avrebbe trovato difficoltà nella scelta dei sostituti da mandare in campo. Non facciamoci quindi ingannare dall’ennesima ricerca del capro espiatorio della stagione. La lingua batte dove il dente duole. E questo dente si chiama quindi “dirigenza dell’ Ac Milan”. Come è noto a tutto il mondo calcistico infatti, a formare e completare le rose della squadra rossonera negli anni, è stata esclusivamente la figura dell’amministratore delegato Galliani. Con l’avvallo di una proprietà consenziente e per questo colpevole principale, il valore qualitativo della compagine rossonera ha subito un graduale ridimensionamento. Non tanto nel numero dei giocatori, bensì nella loro qualità. Come se a strapagare delle vere ed emerite “pippe”, queste potessero trasformarsi in formidabili campioni. Discorsi triti e ritriti che hanno diviso per anni la tifoseria rossonera e anche un po’ stancato. Quello che non la dividerà mai, è invece la delusione per risultati che in questo caso non sono opinabili, bensì incisi su almanacchi che non vedono più il nostro Milan trionfare.
“Non si può pasteggiare sempre a Champagne”, replicava giorni fa Silvio Berlusconi a quegli ingrati tifosi che avevano osato contestarlo a suon di #SilvioVendi. Ma se vengono da lui accettati toni ben più minacciosi da due “olgettine da strapazzo” adirate per i “quattro anni passati di m….”, non se la prenda con i tifosi rossoneri che negli stessi quattro anni hanno sofferto per la loro squadra del cuore. D’altronde sia le due ragazze che tutti i milanisti, sono accomunati da un piccolo dettaglio, averlo preso in quel posto. Con la piccola differenza che il flusso di denaro ha nei due casi avuto direzioni differenti.
Vi aspetto su Twitter (@nonevoluto), sul gruppo Facebook Milanisti Non Evoluti e sulla pagina “Milanisti Non Evoluti 2.0. Non prima di aver digitato un sentito e doveroso, #SilvioVendi
Alessandro Jacobone