Oggi l’ex rossonero, ambasciatore Uefa, ricorda a Mi-Tomorrow i momenti più belli legati alla massima competizione europea e analizza il momento buio delle milanesi in campo internazionale.
Qual è stata la più bella soddisfazione in Champions? “La vittoria di Atene, nel 1994 (Milan-Barcellona 4-0, ndr). Senza dubbio fu la finale più bella di tutte». Solo per via del pronostico sovvertito? «Ero con la squadra anche nel 1989, a Barcellona contro la Steaua Bucarest, e nel 1990, a Vienna contro il Benfica. Non avendole, però, giocate sul campo, il mio ricordo vola a quella del ’94“.
Milano è assente da sei anni dalle finali europee: colpa della mancanza di quattrini? “Non credo, perché l’Atletico Madrid dimostra il contrario. Con un percorso sportivo ben preciso la squadra ha vinto l’Europa League ed è alla seconda finale di Champions nel giro di due anni“.
Quindi cosa manca? “Il calcio italiano è considerato il secondo più ricco a livello di diritti televisivi. Vuol dire che i soldi ci sono, ma vengono spesi male”.
I vivai sono in crisi o si guarda ancora poco a quel che si ha in casa? “Continuiamo a ripetercelo, in alcuni momenti esce il tema della “cantera” e della necessità di puntare sui giovani italiani. Ci vuole costanza, oltre che la protezione dovuta a questi ragazzi“.
Un po’ come avvenne con te… “Ho fatto parte di una grande squadra, ma quando ero in difficoltà mi siedevo in panchina e andava avanti qualche compagno più esperto. Però sono stato protetto nella mia crescita: solo così ho potuto dimostrare il mio talento“.
E un Albertini oggi? “Forse, proiettato in quest’epoca, avrei avuto qualche difficoltà“.