Così fa veramente male. Il Milan esce sconfitto in finale di Coppa Italia, resta fuori dall’Europa per il terzo anno consecutivo ma soprattutto rimane beffato dopo un’illusione lunga 110′ di poter battere la corazzata Juventus. La squadra di Brocchi sorprende per intensità, spirito, gamba e determinazione, dominando per larghi tratti del match una Vecchia Signora decisamente sotto tono e spaventata da un avversario con cotanta garra ed energia. I rossoneri, ai punti, avrebbero meritato più dei pentacampioni d’Italia di alzare la coppa nazionale: la differenza, come prevedibile, l’hanno fatta gli attaccanti e i cambi. Il Diavolo non incide nei 16 metri e spreca ogni occasione sotto porta, mentre a Morata (in collaborazione con l’altro subentrato Cuadrado) bastano pochi secondi per entrare, gonfiare la rete e consegnare ad Allegri la seconda doppietta “tricolore” consecutiva.
La gara di ieri, nei 120′, sorprende a metà. Il Milan 2015/2016 era stato già capace di impaurire le big e di ben figurare al loro cospetto: il doppio confronto in Serie A contro la Juve o la trasferta napoletana al San Paolo, in questo senso, sono esempi calzanti. Era sì un’altra squadra, con una solidità e una durezza figlia del lavoro di un allenatore ruvido, pratico ed estremamente carismatico come Mihajlovic, ma uno schieramento tattico (finalmente) bilanciato e soprattutto un giusto atteggiamento hanno permesso al Diavolo di ritrovare la compattezza e l’equilibrio perduti. Inutili, comunque, per evitare una sconfitta che è la giusta “punizione” per la pessima annata rossonera e per lo scellerato e intempestivo cambio di Berlusconi alla guida tecnica della squadra. Bugiardo l’esito della finale di coppa, sincero l’epilogo complessivo della stagione che merita tutto il Milan: presidente, giocatori, dirigenza. Senza le evitabilissime battute d’arresto con Carpi, Verona e Frosinone, d’altronde, il ritorno in Europa sarebbe stata comunque realtà.
Il bruciante ko in finale, però, può essere una medicina utile per il futuro. Non tanto per le risposte arrivate da Brocchi, capace sì di dare la propria impronta caratteriale ma lontano dall’idea di calcio che vorrebbe proporre (sperare per il futuro in un allenatore esperto non è peccato…), ma dai tanti giovani che ieri sera, giocando e perdendo Milan-Juventus, hanno messo nel bagaglio esperienza per le “prossime volte”: Donnarumma, Romagnoli, Calabria, José Mauri e Niang, ma anche i più stagionati De Sciglio e Bonaventura. L’abitudine a disputare finali e partite decisive, anche perdendole, è condicio sine qua non per tornare ad alzare trofei: tutto fieno in cascina per la Supercoppa italiana del prossimo inverno. Ma soprattutto, piace la ritrovata empatia tra la squadra e lo straordinario tifo rossonero dell’Olimpico: è questa la prima pietra, la più importante, da cui ricostruire. Con o senza Berlusconi.
This post was last modified on 22 Maggio 2016 - 23:31