Arrigo Sacchi è uno di quegli uomini senza il quale il calcio oggi non sarebbe quello che è: il grande ex tecnico del Milan e della Nazionale negli anni ’80 e ’90 oggi compie 70 anni, essendo da sempre un assoluto punto di riferimento per chiunque voglia intraprendere la carriera di allenatore. Il mister di Fusignano si è concesso per una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, che parte dalle origini della sua carriera: “Da ragazzino tifavo Inter, lo dissi anche al presidente Moratti, ma non sono pentito di aver allenato il Milan. Se sono arrivato al Milan devo ringraziare il Parma, gente di cuore che viveva il calcio come gioco e divertimento. Con il Parma affronto il Milan in amichevole e in Coppa Italia e giochiamo bene. Berlusconi è stupito, parla con il presidente Ceresini e gli chiede di conoscermi. Il Cavaliere mi dice: <La seguirò per tutto il campionato>. Poi mi chiamò al Milan”.
La carriera in rossonero non cominciò benissimo: “Berlusconi mi difese dopo un inizio difficile, fu una scelta coraggiosa e decisiva. Prima di sfidare il Napoli dissi ai miei: non fate toccar palla a Maradona! Giocammo difesa alta e fuorigioco e vincemmo 4-1. Le liti con Van Basten? Non aveva peli sulla lingua, si lamentò del mio tipo di lavoro e la partita successiva lo lasciai in panchina dicendogli ‘oggi stai vicino a me e mi dai una mano’. Con Baresi invece non ho mai discusso”.
Mille aneddoti nelle notti di Coppa Campioni e non solo: “Contro il Real Madrid si infortunò Evani nell’allenamento, ero senza ala sinistra. Misi Ancelotti, quello meno adatto a giocarvi e segnò il primo gol proprio partendo da sinistra. Il fatto di Marsiglia? Ero uomo della società, dovevo essere d’accordo con i dirigenti. La monetina di Alemao? C’è tanta rabbia per quel gesto, ma se parlo oggi mi arrestano. Un nuovo Sacchi? Spero di no, ma non per me. Bensì per i nuovi allenatori, questo calcio è stato la mia vita, ma mi ha prosciugato“.