Nessuno tocchi Mihajlovic. È questo il coro che, all’unisono, riecheggia con forza nello spogliatoio di Milanello. Tutti, dai senatori più influenti ai calciatori di più fresco arrivo in maglia rossonera, sono dichiaratamente dalla parte del tecnico: basti pensare ai vari Abbiati, Abate e Montolivo, pubblicamente schierati a favore del lavoro del serbo, ma anche di Bonaventura e Bacca, prodighi di complimenti per il mister. Oppure a chi, a Sinisa, deve (quasi) tutto: Donnarumma, per esempio, ma anche Romagnoli e Niang. Eppure il milanista più milanista di tutti, Silvio Berlusconi, proprio non è convinto di lui. Un carattere eccessivamente duro e una filosofia di calcio distante da quella del presidente potrebbero costargli la panchina, nonostante evidenti miglioramenti nei risultati e nel gioco.
Mihajlovic, d’altronde, ha oggettivamente più di un merito che valga la pena di essergli riconosciuto. Ha (finalmente!) forgiato una vera squadra, unita e coesa tanto in campo quanto fuori, solida a livello tecnico-tattico e coesa caratterialmente e mentalmente: i rossoneri sono un gruppo che , dando tutto in campo. Senza dimenticare che ha valorizzato, lanciato e voluto tanti calciatori che saranno i perni del Milan di oggi e di domani: lanciare il 16enne Donnarumma, richiedere la spesa di una cifra blu per un difensore ventenne Romagnoli e puntare sull’incognita Niang saranno elementi che, a prescindere da ciò che accadrà nei prossimi mesi, faranno valutare in positivo il lavoro in rossonero dell’ex Samp. Il quale, con un puntiglioso lavoro quotidiano, ha portato evidenti miglioramenti su problemi cronici del Milan: i calci piazzati sia a favore sia contro, per esempio, ma soprattutto una fase difensiva di reparto finalmente buona.
Silvio vs Sinisa, chi ha ragione? Probabilmente entrambi. Berlusconi ha il diritto, da presidente, di reclamare un gioco migliore per il suo Milan e un allenatore più compatibile con la sua straripante personalità: un tecnico più low profile, meno spigoloso e aspro del serbo e più “malleabile” nella comunicazione con i media e con lo stesso patron. E Mihajlovic, dal canto suo, sta ottenendo il massimo da una squadra con alcune buone individualità ma costruita senza un chiaro progetto tattico: un’insperata finale di Coppa Italia e (sinora) un piazzamento in Europa League sono obiettivi in linea con quelle che sono le potenzialità di questa rosa. Ma quando il feeling presidente-allenatore manca, c’è poco da fare: i precedenti Zaccheroni e Allegri, scudettati ma mai amati e malamente esonerati, insegnano. Il destino sembra segnato: Milan-Mihajlovic, è già finita?
This post was last modified on 10 Marzo 2016 - 18:19