Il presidente
Venerdì Berlusconi aveva chiesto di lasciare tranquillo Sinisa Mihajlovic, ma domenica sera a San Siro e lunedì mattina a Rtl, non ha risparmiato le sue solite frecciatine al tecnico serbo. Nella testa di Berlusconi, ormai, siamo già al dopo-Sinisa, che è virtualmente esonerato. Il presidente rossonero non lo ha mai amato, perché portavoce di un calcio completamente diverso da quello che lui ha sempre chiesto ai suoi allenatori. Il Milan gioca un calcio passivo, lascia spesso palla all’avversario prediligendo una solida struttura difensiva e poi le ripartenze. Berlusconi, invece, adora il possesso palla, la supremazia mostrata proprio con la gestione del gioco. Due filosofie diverse e inconciliabili. La rosa non era da terzo posto, è vero, ma è vero anche che si poteva fare meglio. Ma la società ha le sue colpe. Manca una linea chiara: nel 2014 mercato a parametro zero, nel 2015 90 milioni spesi (ma spesi male). Ora serve un progetto a lungo termine su cui si possa davvero costruire qualcosa di duraturo.
L’allenatore
Berlusconi è deluso, ma Mihajlovic lo è ancora di più. Sperava di aver trovato la quadratura del cerchio, e proprio non si aspettava di racimolare solo due punti con Sassuolo, Chievo e Lazio. Sinisa è deluso perché aveva lavorato tanto, e non si spiega il perché di questo nuovo salto nel buio. Il tecnico ha conquistato la stima del gruppo, ma il suo Milan ha il sapore di incompiuto. Poteva fare di più, e a volte si è avuta la sensazione che lui stesso non credesse di poter andare “oltre”, come se quei limiti tanto chiacchierati fossero quasi una giustificazione per non osare di più. D’altronde, il suo gioco è stato un gioco difensivo, che non ha certo aiutato la squadra a conquistare più sicurezza, mettendola anzi di fronte alle sue debolezze non appena sono arrivati i primi problemi in campo. La questione degli attaccanti che segnano poco, poi, è sempre figlia della sua filosofia: con un calcio poco propositivo, poco verticale, è difficile costruire tanto. Anche caratterialmente e mediaticamente, Mihajlovic poteva fare meglio: sempre scontroso, sempre sulla difensiva, sempre pronto a replicare quanto giungeva da Arcore. E questo, ad Arcore appunto, non è piaciuto, e ha contribuito a rendere impalpabile quella serenità che tanto avrebbe aiutato l’ambiente.
I giocatori
A fine stagione ci sarà una riflessione profonda sulla rosa rossonera. Molti giocatori non sembrano all’altezza di un progetto importante, e per questo andranno via. In molti casi, si è fatta confusione tra grinta e personalità: la prima servirà anche a correre in campo e a sprigionare adrenalina, ma è la seconda a fare la differenza. E troppo spesso e in troppi giocatori è mancata. L’allenatore avrebbe potuto dare un’impronta diversa alla squadra e forse anche maggiore sicurezza, ma se sei al Milan e San Siro ti “imbarazza”, allora devi farti qualche domanda. Non tutto, però, è da buttare. C’è un gruppo di ragazzi italiani da cui ripartire e su cui costruire il futuro. Senza fretta, ma stavolta bisogna farlo con cognizione.
This post was last modified on 22 Marzo 2016 - 10:46