31 agosto 2014-20 marzo 2016. Un anno e mezzo dopo, Milan e Lazio tornano a sfidarsi sul prato di San Siro. Quella gara, la “prima” di Inzaghi da tecnico rossonero, fu un successo incredibile: un 3-1 netto, convincente e benaugurante. In mezzo, tra quel match e oggi, sembra passata un’era geologica. Molte cose sono cambiate totalmente: il Diavolo si trova rivoltato come un calzino, mutato nei suoi protagonisti in campo e in panchina rispetto a diciannove mesi fa. Gli uomini copertina di quel convincente successo (in primis proprio Inzaghi) sono finiti nel dimenticatoio o hanno sostanzialmente deluso le aspettative, martoriati da infortuni o “sorpassati” da nuovi calciatori in rampa di lancio.
Diego Lopez, per esempio, aveva stupito tutti. Quel caldo pomeriggio d’estate aveva tolto il velo sullo spagnolo agli occhi del popolo milanista: un portierone così esplosivo non si vedeva dai tempi del miglior Dida. L’iberico fa una grande prestazione, impreziosita nel finale di gara da un rigore parato a Candreva che avrebbe permesso di riaprire una partita già virtualmente chiusa. Oggi, con dichiarazioni pubbliche dello stesso Mihajlovic, l’ex Real è la terza scelta, scavalcato dal prodigio Donnarumma e dal veterano Abbiati: un epilogo che nessuno, in quel Milan-Lazio agostano, avrebbe mai previsto. Da “1” di Mourinho a ultima ruota del carro di un Milan ridimensionato, “pensionato” da un fenomenale 16enne: l’addio a fine stagione, senza rimpianti da ambo le parti, è il finale più scontato e plausibile possibile.
Quel Milan-Lazio fu anche il primo acuto rossonero di Jeremy Menez. Inzaghi sorprende e lo schiera falso nueve, lui ripaga con un’ottima gara: da centravanti del 4-3-3 ha spaccato la partita, con accelerazioni, tecnica e cattiveria. Segnando, peraltro, il momentaneo 3-0 dal dischetto: di quel Diavolo tutto difesa e contropiede, il francese era la stella assoluta. Ma un brutto infortunio alla schiena lo ha letteralmente “scaricato”, privandolo di quel brio e di quello sprint che lo avevano reso immarcabile: stasera Menez tornerà in panchina, lasciando spazio al tandem Bacca-Luiz Adriano. In attesa di tempi (e di condizioni fisiche) migliori, il transalpino osserverà i compagni, con un futuro ancora incerto e tutto da scrivere.
E Keisuke Honda? Quel 31 agosto 2014 segna, si impegna al massimo (come sempre, peraltro) e fa intravedere buone cose. Da ala destra del tridente offensivo completato da Menez ed El Shaarawy, il giapponese sembra aver trovato la dimensione giusta per riscattare i deludenti mesi antecedenti: promesse che mantiene per due mesi, in cui si distingue per gol e prestazioni. E se Mihajlovic gli ha ridato una seconda vita rossonera da esterno di centrocampo del 4-4-2, nel complesso l’ex CSKA non ha brillato: il bilancio generale di Honda al Milan non può essere considerato esaltante. Un soldatino capace e obbediente, gradito a ogni allenatore, ma non la super star e il “10” che tanti (sbagliando) si aspettavano. Da Beckham nipponico a Di Livio con gli occhi a mandorla, il passo è stato decisamente breve.
This post was last modified on 20 Marzo 2016 - 19:08