Ci sono macro e micro-dati a certificare in modo evidente la crescita del Milan. Nelle prime sette giornate di ritorno, in generale nel 2016, si va davvero ad analizzare due squadre diverse per numeri, tattica e spirito. Necessari due cambi di modulo (dal 4-3-1-2 al 4-3-3, dal 4-3-3 al 4-4-2) e cinque mesi di tempo a Mihajlovic per scoprire il suo blocco titolare e lavoro generale sulla testa dei giocatori.
Il grande paradosso, osserva La Gazzetta dello Sport, sta nel fatto che i rossoneri tornano da Napoli dopo essersi allontanati dal terzo posto, passato da -6 a -8, però nettamente più convinti di potercela fare: bastava vedere gli abbracci e i sorrisi al fischio finale. Dal clamoroso 0-4 di San Siro all’1-1 del San Paolo si è visto il miglioramento di ogni interpretazione di gioco e di ogni interprete in campo. Rispetto all’inizio di stagione, 15 punti a 9, 13 gol fatti a 8, 5 presi a 13, quarto posto virtuale anziché l’11° e soprattutto media punti di 2.14 contro 1.24. Praticamente raddoppiato il rendimento. E ancora: 34 tiri nello specchio a 23, 20% e non 13% la percentuale realizzativa (sembra poco ma è una differenza enorme), più azioni offensive in area avversaria, palloni recuperati e passaggi. È cambiato l’approccio mentale: almeno adesso si prova ad imbastire una manovra.
Il calendario favorevole (Torino, Chievo e Sassuolo), rispetto anche alle avversarie per la Champions; l’aspetto atletico, il Diavolo corre tantissimo, specie nella ripresa; la comitiva del gol, non solo Bacca ma 13 compagni che insieme sono andati a segno (dietro solo a Roma e Fiorentina). Questi altre statistiche a spiegare la svolta. E se si sbloccassero pure Menez e Balotelli…