Ancora sette giorni, poi per il Milan di Sinisa Mihajlovic arriverà il momento di un delicato esame di maturità. I rossoneri, sabato prossimo, saranno sottoposti a un duro banco di prova: sfidare la Vecchia Signora allo Juventus Stadium, d’altronde, non è mai cosa semplice, neanche quando i bianconeri sgomitano lontani dai vertici della classifica. Saranno saggiate consistenza e ambizioni di questo Milan di Mihajlovic 2.0, ma attenzione a non alzare immotivatamente la posta in palio. Perché parlare di gara decisiva per il futuro del tecnico, di una vittoria necessaria per scacciare le nubi di un possibile esonero, di dover sfoderare una prestazione convincente per cementare la panchina, appare un’esagerazione illogica e ingiustificata dei media.
Mihajlovic, dopo aver toccato il fondo nella sconfitta casalinga contro il Napoli, ha dovuto defibrillare la squadra. Ed è riuscito nell’impresa, plasmando un Diavolo con un 4-3-3 solido, quadrato e concreto. I risultati parlano chiaro: 11 punti in 5 gare, e quindi una media di 2,2 a partita, sono un bottino di altissimo profilo. Questo andamento, se mantenuto costante, proietterebbe il Milan direttamente nelle zone più nobili della Serie A: come si può discutere un allenatore dopo questo filotto? Arrivato (anche) grazie a scelte coraggiose e impopolari del tecnico: chi avrebbe mai puntato sul sedicenne Donnarumma? Chi sul redivivo Cerci? E chi, se non l’ardito Mihajlovic, avrebbe relegato in panchina, senza colpo ferire, due giocatori del calibro di de Jong e Luiz Adriano?
Tutte mosse che, con il senno di poi, si sono rivelate super azzeccate. La squadra, non c’è dubbio, può e deve ancora migliorare nel gioco e nella personalità, come dimostrano le parole e gli umori di Silvio Berlusconi dopo il deludente pareggio contro l’Atalanta. Tutto vero, ma occorre sottolineare che il presidente, nel corso di tutta la propria epopea rossonera, ha sempre criticato aspramente gli allenatori, spronandoli a offrire un calcio sempre più offensivo, spettacolare e dominante. E queste “punture”, oggi come allora, sono coincise in momenti di risultati positivi. Mihajlovic, così come i vari Zaccheroni, Ancelotti e Allegri, deve convivere con frecciate e pruriti presidenziali, ma nulla di più. Per l’esonero, o perlomeno il suo spettro, citofonare (eventualmente) più avanti.