Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Dirige parallelamente il free-press pomeridiano MI-Tomorrow. Collabora con La Gazzetta dello Sport e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
In mezzo a tante altalene di emozioni, soprattutto negative, e avulsi, negli ultimi anni, da ogni tipo di lotta per grandi obiettivi, c’è uno spettacolo che francamente potevamo risparmiarci. Il riferimento è allo stadio di proprietà che doveva sorgere al Portello e che è rimasto solo un disegno ben trasposto su un plastico e in video. La pantomima, com’è giusto chiamarla, con Fondazione Fiera Milano è l’ultimo tassello di uno spettacolo evitabile.
Non ci sono più dubbi, infatti, che Fondazione Fiera, proprietaria dei terreni in questione, citerà in giudizio il Milan per essersi tirato indietro e aver rinunciato al progetto dopo aver vinto la gara. Il presidente della Fondazione, Benito Benedini, amico di vecchia data di Silvio Berlusconi, ha lasciato intendere quel che SpazioMilan diceva da molto tempo: “Barbara Berlusconi ha sempre creduto nel progetto“. Lasciando intendere con un “andiamo oltre“, in risposta al Corriere della Sera, che qualcun altro nella famiglia Berlusconi ha imposto la marcia indietro. Come dire: ha vinto la linea del pragmatismo: quello stadio costava troppo e Fininvest non era disposta a sborsare ulteriori soldi. E gli sponsor? Nessuno, almeno ufficialmente.
Ora, però, il Milan potrebbe trovarsi nella condizione di non avere uno stadio di proprietà, di doversi sobbarcare con l’Inter nuovi costi di gestione e ammodernamento di San Siro e, magari, pagare una penale da non meno di dieci milioni di euro a Fondazione Fiera. Già, perchè non si è nemmeno capito perchè la società rossonera abbia rifiutato un arbitrato che avrebbe potuto portare ad una soluzione rapida senza il rischio di vedersi condannare a indennizzi ancora più alti. E ancora: sulla manifestazione d’interesse non era stato previsto nemmeno un diritto di recesso. Insomma, un bel pasticcio. Tanto, alla fine, “pagherà Pantalone“, sapendo che i soldi arriveranno sempre e solo dalla cassa di Arcore. Quella che fa il mercato e rinnova i contratti ai giocatori. Mica ci verranno a dire che non si faranno acquisti per risarcire un’operazione nata male e finita peggio?
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