E’ triste emettere sentenze già ad ottobre, ma non ha senso negare l’evidenza: guardare una partita del Milan non è più un’attività piacevole. E’ così già da tempo tanti di voi penserà e rispetto chi la interpreta in questo modo. Tuttavia l’apatia totale che si respira oggi attorno al Diavolo, malgrado il cambio dell’allenatore e l’arrivo di alcuni giocatori di valore, forse nemmeno il più accanito dei non-evoluti l’avrebbe immaginata.
La più grande colpa dell’A.C. Milan e tutti gli uomini che lo rappresentano, è aver creato le condizioni per cui la disaffezione sia una scelta condivisibile. E’ stata un’impresa allontanare i tifosi rossoneri dal proprio amato club, però ormai questa è una realtà tangibile, diffusa e pure complicata da sovvertire.
Nell’anno di (dis)grazia 1982, San Siro registrò 60.000 spettatori per Milan-Cavese 1-2 e ho la netta sensazione che sul piano tecnico lo spettacolo offerto fosse ben peggiore di quello a cui assistiamo regolarmente da qualche anno. Ma neanche il fatto di giocare in B e contro avversari modesti, disincentivava il tifoso ad andare allo stadio.
Ecco, quest’aspetto è bene tenerlo presente, perché capita che si parli a sproposito di quella domenica pomeriggio d’autunno di inizio anni ’80. Si fa demagogia sportiva su certi eventi. E’ il caso però che si prenda coscienza, che alcune circostanze dimostrano che il MILAN siamo NOI. Anche l’esodo di 150.000 persone a Barcellona nel maggio ’89 per la finale con la Steaua -con un terzo dei milanisti fuori dal Camp Nou a cantare senza biglietto- dice che il Milan è di chi ama questi colori. Chi li difende sul campo e chi li difende in una discussione al bar. Se viene meno la voglia e la forza di difenderli su qualsiasi piano, non esiste nessun Milan.
E’ chiaro che le principali responsabilità vadano imputate a chi ha portato -con tutto il rispetto- mezzo Genoa a vestire la nostra maglia e chi non si prenda l’onere di intervenire nei confronti di chi allestisce rose senza petali e solo con spine. Ma con le dovute proporzioni e nelle giuste misure, siamo un po’ tutti ‘colpevoli’. Far perdere e perdere affettività per questo sport, è la sua morte.
This post was last modified on 23 Ottobre 2015 - 12:04