Il problema è psicologico, più che tecnico-tattico: il Milan spesso ha paura, più di se stesso che degli avversari. Dopo Allegri, Seedorf e Inzaghi, anche la squadra di Mihajlovic ha fin qui evidenziato marcati limiti caratteriali in base a questi sintomi, evidenziati dal Corriere della Sera: improvvise amnesie, anime fragili, gambe molli, cali di concentrazione, assenza totale di continuità (3 sconfitte e 3 vittorie).
Ma l’allenatore serbo sembra conoscere la cura del male, o almeno sostiene di averla come detto ieri in conferenza stampa a Milanello. L’attenzione massima è rivolta alla testa e non ai piedi dei suoi giocatori, un aspetto ben più complesso e importante per equilibrio, consapevolezza e competitività di una (presunta) grande squadra. La terapia fino adesso ha previsto l’assenza di alibi, nessuna scusa per nessuno (nemmeno Bacca e Luiz Adriano, appena presi di mira dal tecnico), e comunque una buona dose di ottimismo per l’avvenire perché il gruppo ha un valore evidentemente superiore rispetto al passato e ha il dovere di migliorare in fretta.
Sorprende però la differenza fra il carattere del Milan e quello del suo allenatore, non si somigliano per niente: il Diavolo non è cattivo né solido, non difende bene e non dimostra ancora una identità precisa e convincente dopo sei giornate di campionato. Ci sono partite che possono ribaltare l’anima di una stagione, ecco il Napoli arriva nel momento giusto: avversario difficile, con un Higuain in formissima, avversario perfetto per cambiare marcia.