Un’Hondata di parole che non servono

Arianna Sironi è nello staff di SpazioMilan.it dalla sua nascita, l’8 marzo 2011, ed è una delle prime firme del sito. Ha condotto con il vicedirettore Daniele Mariani “Milan Time”, un’ora di notizie rossonere nel pomeridiano di Radio Milan Inter (96.1 FM e canale 288 del DTT). Da luglio 2015 collabora col Giornale di Cantù.

Le critiche ci stanno, perché se hai soltanto 9 punti in classifica dopo un mercato in cui hai speso tanto, gli errori da qualche parte devono pure essere stati fatti. Ti arrivano dai giornali, da opinionisti, commentatori, tifosi e avversari che non vedevano l’ora di prenderti in giro. Tu, società stessa, non puoi fingere che vada tutto bene e che gioco e risultati siano come ti saresti aspettata. Ai principali artefici dei fatti in campo, ovvero allenatori e giocatori spetta invece un’autocritica costruttiva, orchestrata tre le sacre mura degli spogliatoi.

Io la penso così. Ecco perché l’Hondata di critiche piovute addosso al Milan da parte di Keisuke Honda non mi sono piaciute. “Non ha senso dare la colpa ai giocatori. Per cambiare questo club occorre cambiare totalmente i criteri di valutazione da parte di tutti: dirigenza, tecnico, tifosi e media. Negli ultimi anni il Milan ha mandato in campo tanti uomini e quest’anno ha speso cento milioni, ci sono tanti nazionali, eppure come mai non riescono a rendere quando arrivano al Milan?”. Questa per me è una critica che possono fare i tifosi, di certo non i giocatori stessi che così facendo si schierano apertamente contro la propria società in toto. In più, caro Honda, se parli di mercato necessariamente vai anche contro i tuoi compagni di squadra che non reputi all’altezza del ruolo.

“Non so perché sto fuori”. Qui invece servirebbe la sopracitata e tanto sana autocritica. Mihajlovic ha provato ed insistito col giapponese che forse offre più equilibrio di altri, ma zero lampi da trequartista e pericolosità quasi nulla. Non giochi, perché fin qui hai fatto male e l’allenatore, come nei suoi diritti, ti mette in panchina. E’ davvero così assurdo?

Dentro la crisi sarebbe meglio che ogni persona partisse da se stessa arrivando poi a chiarire il suo ruolo nello spogliatoio. Serve il lavoro, quello silenzioso davanti alle telecamere, sia italiane che giapponesi. Non vale scaricare le colpe altrove, soprattutto se addosso hai una numero 10 da onorare sia in campo che fuori.

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