Povero Diavolo che pena mi fai

Ed eccoci di nuovo qui, a poco più di un mese dall’inizio ufficiale della nuova stagione, a riporre di nuovo i nostri sogni dentro alcuni cassetti ormai troppo spesso aperti e pronti ad affilare le unghie per un’altra stagione che si prospetta piena di sofferenze e sfottò da subire ed accettare. Ancora una volta ci eravamo illusi, avevamo sperato, dentro di noi c’era la voglia di tornare a fare la voce grossa almeno per un po’, almeno finché qualcuno non ci avesse svegliati di nuovo e riportati alla triste realtà. Dopo l’umiliazione casalinga subita contro il Napoli, se per qualcuno non fosse ancora chiaro, la prospettiva di un’altra annata da passare tra sconfitte e figuracce appare quantomai reale.

A spaventare non sono tanto le quattro sconfitte in sette partite, la seconda peggior difesa del campionato, tutti gli scontri diretti già persi, la sterilità offensiva, un centrocampo che fatica a costruire gioco o i già nove punti di distacco dal primo posto. No, c’è qualcos’altro che è ancora più allarmante. Le dichiarazioni di Sinisa Mihajlovic al termine della batosta di domenica sera non lasciano spazio a dubbi. Quando uno che era stato chiamato per dare un’anima alla squadra, per farla lottare, per renderla cattiva e difficile da affrontare per qualsiasi avversario, per dare autostima a calciatori con il morale sotto i tacchetti, rilascia dichiarazioni del tipo: “c’è poco da dire, oggi loro erano troppo più forti di noi”; “le ho provate tutte”, appare terribilmente chiaro che neanche il timoniere di una nave che sta già affondando crede nel materiale che ha a disposizione.

Tutto questo dopo appena sette giornate di campionato, tutto questo dopo ben novanta milioni di euro investiti nel mercato estivo. Ebbene sì. Quest’anno, infatti, nemmeno la scusa del denaro che manca, nemmeno la recriminazione su un mercato fatto con i parametri zero può fornire degli alibi per giustificare le brutte prestazioni in campo. Ed allora cosa manca. Al momento tutto. Una società coesa ed unita che possa far da collante tra squadra ed ambiente, un azionista che al momento sembra aver fatto molto fumo e troppo poco arrosto, un dirigente che faccia mercato con idee chiare e precise, un progetto ben delineato, un allenatore che sappia mettere ordine in mezzo al disordine, dei giocatori da Milan (a parte qualche rara eccezione). Soprattutto, però, manca maledettamente una programmazione, quella che sembra esserci per esempio in altre società più serie, o semplicemente più organizzate.

Il Milan sembra non essere più quello che tutti noi abbiamo imparato ad amare da troppo tempo ormai. L’ultimo squillo dei senatori ci ha regalato le ultime gioie a livello internazionale, questi ultimi (davvero al loro ultimo atto) uniti a campioni del calibro di Ibrahimovic e Thiago Silva, ci hanno omaggiato delle ultime soddisfazioni in campo nazionale. Con l’addio di chi il Milan c’è l’aveva davvero nel cuore (Maldini, Nesta, Gattuso, Ambrosini, Seedorf, Inzaghi, solo per fare alcuni nomi), si sono persi anche gli ultimi bricioli di quello che una volta era il Dna Milan e ci rendeva riconoscibili, belli e vincenti in Europa e nel Mondo. Poi, ci ha pensato la società a rovinare in fretta tutto quello che di buono aveva costruito in questi anni. Si è cercato di gettare fumo negli occhi con i ritorni alla base di idoli del calibro di Sheva e Kakà che, dopo essere stati venduti bene con ottime operazioni di mercato, sono stati ripresi nel tramonto delle loro carriere.

Si è cercato di abbindolare l’ambiente dando la squadra nelle mani di altri idoli e cuori rossoneri come Inzaghi e Seedorf, salvo poi usarli come capri espiatori delle sconfitte rossonere e rovinare la loro immagine agli occhi dei tifosi. Ora, addirittura è stata ripresa gente come Balotelli e Boateng che, con ogni probabilità, non sarebbe stata presa neanche dai propri amici per organizzare una partita a calcetto. A questa farsa, purtroppo, sembra non esserci davvero una fine, ma sempre un nuovo inizio. Con la speranza che queste parole possano essere state dette solo troppo in fretta in un momento di sconforto sportivo, intanto, abituiamoci all’idea di un’altra stagione da dimenticare, di un ennesimo mercato invernale da rivoluzione parziale e ad un’altra annata (la prossima) senza Europa e con l’ennesimo progetto nuovo da cui ripartire.

 

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