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Ibra è la polizza assicurativa per approdare nei primi tre posti

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L’unico closing che conta davvero è quello da fare per Ibra. Il ritorno dello svedese non è un’opzione ma un’assoluta necessità. Senza Ibra il mercato fantasioso e dispendioso di questa estate non è sufficiente a garantire l’indispensabile ritorno in Champions League. Ibra è la polizza assicurativa da sottoscrivere per avere la certezza di approdare nei primi tre posti. Unico modo per giustificare ed ammortizzare i 75 milioni (compresi i 30 per Romagnoli e detratto il ricavo di El Shaarawy) spesi solo nei cartellini. Per questo motivo il Milan non può prescindere da Ibra. Tecnicamente ed economicamente. Con lui acquisisce valore tutto il mercato rossonero. Esattamente come accadde cinque anni fa quando con Ibra acquisirono valore i vari Robinho e Boateng. Senza Ibra invece si rischierebbe un’altra stagione piena di punti interrogativi e con un esito incerto. Utilizzo il condizionale perché sono convinto che Ibra tornerà. Magari anche solo per una stagione. Non a caso Galliani ha iniziato a fare mercato dopo il colloquio con Raiola e dopo l’incontro “liberatorio” dello svedese con l’emiro qatariota. Da fine maggio Galliani ha molto più di una speranza di riportare Ibra in rossonero. E questa speranza si concretizzerà entro l’inizio del campionato.

Il cartellino di Ibra è il problema minore, essendo iscritto nel bilancio del PSG per “soli” 5,5 miloni. Una cifra che il Milan potrebbe pagare in contanti oppure cedendo ai francesi il gioiellino Mastour. Un’operazione controversa questa, che ha sicuramente una logica economica (il valore del ragazzo è passato da 1 a 5 milioni senza nemmeno una presenza in Serie A), ma che potrebbe racchiudere un rimpianto tecnico. Con Cristante si è rivelata una mossa azzeccata.

Per Ibra resta il problema dell’ingaggio che sfonda prepotentemente il teorico salary cap. Con lui si torna a cifre pre-crisi, del periodo in cui il Milan giocava stabilmente in Champions. Ma per Ibra si può fare un’eccezione. Primo perché Ibra al 99% ti riporta in Champions, secondo perché la statura e la storia del giocatore evidenziano da sole la differenza rispetto a tutti gli altri compagni. E nessuno sarebbe “invidioso”, anzi le prestazioni di tutti i compagni e quindi il loro valore godrebbero del beneficio di avere lo svedese in squadra. Infine l’ingaggio monstre di Ibra durerebbe uno, al massimo due anni. Un tempo abbastanza breve per evitare l’effetto “a cascata” sugli altri contratti.

Dal punto di vista tecnico Ibra determinerebbe il gioco e le partite di tutti. Nel bene (spesso) e nel male (qualche volta). Ma Ibra è così, si sa. Non il massimo per “costruire” una squadra che giochi d’insieme. Ma sicuramente il modo migliore per vincere subito. Ibra sarebbe indiscutibilmente il leader tecnico della squadra. Motivo per cui nessun altro giocatore si sognerebbe di lamentarsi se Ibra fosse anche il leader “economico” della squadra. Sarà più un problema per chi avrà come leader tecnico ed economico un giovane centrocampista muscolare come Kondogbia. Ma ognuno è libero di fare le proprie scelte…

Più passano i giorni di questa estate più sono convinto che il vero affare in quella nottata monegasca lo abbia fatto chi non ha preso Kondogbia, non chi l’ha preso. Ma il campionato ci dirà la verità. E ce la dirà anche su chi ha perso i tre cardini delle vittorie degli ultimi 4 anni, Pirlo, Vidal e soprattutto Tevez. Per sostituirli la Juve ha deciso di prendere giovani di belle speranze e vecchi marpioni come Mandzukic. Non solo, Allegri sta pensando anche di passare al suo amato tridente. Tutte scelte che possono rivelarsi azzeccate, ma che comunque comportano un cambio di strategie tattiche e di equilibri. In campo e nello spogliatoio. Pogba non potrà più giocare all’ombra di Vidal e Tevez. Morata non potrà più prendere le respinte corte sui tiri dell’argentino. Marchisio dovrà impostare al posto di Pirlo insieme al “delicato” Khedira. Insomma la Juve quasi triplettista si dovrà “ricostruire” e quindi non partirà più con 10 punti di vantaggio. Un altro motivo per essere fiduciosi su un gap che si sta davvero colmando.

Se poi pensiamo che il Napoli ha intrapreso un’opera di provincializzazione, che la Roma riparte da un Garcia di cui nessuno è più convinto al 100%, che la Fiorentina ha sostituito un bravo allenatore con un’incognita e che la Lazio dovrà giocare su due fronti con la stessa rosa di un anno fa, dobbiamo davvero essere ottimisti per questa stagione. Anche se non dovessero esserci stadi nuovi o proprietari nuovi. L’importante è che torni il caro e vecchio Zlatan.

This post was last modified on 29 Luglio 2015 - 16:15

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redazione