I giorni appena trascorsi sono stati giorni particolari per la storia del AC Milan. Non mi riferisco al mercato e al ritorno ai sogni di scudetto e competitività. Quello è la normalità per i nostri colori, l’eccezione lo sono infatti state le stagioni nell’anonimato più profondo. Quello a cui mi riferisco invece, è la decisione della Fondazione Fiera Milano di accogliere l’offerta della società rossonera per la costruzione dell’impianto rossonero che cambierà per sempre un calcio oramai legato imprescindibilmente al marketing.
Che sia cosa buona e giusta, non sta a me dirlo. Ognuno vive questo passaggio storico come meglio crede e non necessariamente avendo in mano verità assolute. Divisa o no, tra romantici nostalgici delle fredde gradinate in pietra di San Siro e appassionati di tecnologia applicata alle infrastrutture, i tifosi milanisti dovranno farsene una ragione. Il Milan si tiferà da comode poltroncine, mangiando un hamburger, la moglie fa la spesa e mentre la nonna darà cibo ai piccioni seduta su di una panchina del parco posto sopra lo stadio. Questo è il calcio moderno e rimanerne fuori sarebbe devastante per le società italiane. Miracolo calcistico bianconero a parte, mi riferisco alla finale di Champions appena passata, il calcio italiano ha subito un evidente ridimensionamento negli ultimi anni. Persi i campioni uno dopo l’altro, si è persa immediatamente competitività. E il ranking è la impietoso a dimostrarlo.
In ritardo come in mille altri campi, il nostro paese non può perdere questo treno. Il calcio è uno degli asset più importanti per la nostra nazione. Dietro agli strapagati e criticati calciatori, vi sono infatti migliaia e migliaia di persone che ci lavorano duramente. Un sistema che, piaccia o meno, da da mangiare a centinaia di famiglie, argomento assai delicato in questo periodo storico assai difficile in quanto ad occupazione.
Barbara Berlusconi ha lavorato duramente e mi piacerebbe farle i miei complimenti per la tenacia con la quale ha lottato tra carte, diplomazia da prima repubblica e una straziante burocrazia made in italy. Col viso dolce ma le palle d’acciaio, l’ AD del settore marketing ha portato a casa la Champions League del merchandising. Molti storceranno il naso, ne sono cosciente. D’altronde la “prediletta” ha da sempre dovuto lottare contro i pregiudizi dell’italiota medio.
“Bella, giovane e ricca. E’ capace solo di flirtare con i giocatori! Pensi ad andare nelle Spa e lasci in pace il Milan” . Dio solo sa quante volte ho letto sui social network commenti di questo genere. Proprio per questo motivo, le assegno un oscar ancora più prezioso. Complimenti Barbara Berlusconi! Berlusconi…. Un cognome assai pensante e a volte scomodo da portare in giro. Nonostante lei abbia sempre difeso il padre con orgoglio e fermezza, l’altisonante cognome non l’ha aiutata per niente se non nel non aver a che fare con le bollette della luce alla fine del mese. Quello che infatti si è subito scatenato, è uno sciacallaggio politico che non ha impiegato più di una decine di ore dopo il comunicato, per essere montato ad arte. La demagogia partorita dalle parti politiche lontane dal tricolore di Forza Italia, è scorsa a fiumi e prontamente riportata dai media sportivi e non, con un solo intrinseco messaggio. “ Ecco il solito Berlusconi. Per i suoi porci comodi, paga tutti e costruisce senza pensare alle vite dei cittadini del Portello”.
In 6 anni di presenze televisive e articoli sui media sportivi nazionali, ho sempre voluto tenere fortemente slegate le vicende politiche da quelle calcistiche. Di questo me ne si deve dare atto e il fatto che dal 2009 abbia attaccato duramente il Presidente per la gestione degli ultimi anni dell’AcMilan, è la prova provata che la melodia del mio cellulare non squilla sulle note di “menomale che Silvio c’è”. Ma chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, non è mai stato il mio stile. Ed è per questo che mi ritrovo a denunciare il mio sdegno per le sterili polemiche che si stanno montando attorno ad una notizia che, in un qualsiasi altro paese o semplicemente con un qualsiasi altro presidente, sarebbe stata presa con gioia ed entusiasmo. La costruzione di infrastrutture polifunzionali come quella esibita nel progetto, hanno da sempre riqualificato quartieri ed intere città. Al disagio per la costruzione, si è sempre contrapposta una continua e decisa riqualificazione del territorio. Se essi fossero fonte di problemi, Londra e i suoi 5 imprianti, sarebbero a livelli del terzo mondo. Ed invece sono punti di riferimento per tutto il mondo.
Ma in Italia amiamo farci del male. L’indole masochistica e il desiderio di aprire bocca anche quando sarebbe meglio tacere, fanno parte del nostro dna. E neanche questa volta c’è stata eccezione. Tra le diverse accuse ai fautori del progetto, mi hanno particolarmente colpito l’attenzione e la sensibilità nei confronti dei cittadini della zona Portello. Molteplici le dichiarazioni allarmistiche circa i disagi che potrebbero colpire i residenti della zona. Dai rallentamenti alla viabilità, all’inquinamento acustico, non si vedeva tanta attenzione verso i cittadini da parte delle istituzioni dai tempi dell’impero romano. In una città conosciuta per essere un cantiere aperto e arrivata a D day dell’ Expo ancora incompleta; una città che si allaga alle prime due gocce d’acqua della stagione; che contrasta l’inquinamento che riempie i polmoni dei milanesi con polveri sottili immettendo una “tassa per ricchi” (se paghi l’ecopass puoi tranquillamente inquinare); che vede proprio la zona in questione vittima di furti e delinquenza incontrollata; che vanta tubature idriche, contenti piombo, fornire acqua agli asili e scuole milanesi.
In tutto questo caos municipalizzato, il problema è il progetto di Casa Milan. La vicenda durerà per diverso tempo, speriamo non troppo. D’altronde gli emirati arabi che per primi si interessarono alle quote del Milan, sono scappati proprio davanti alla lenta e corrotta burocrazia italiana. Idem i milionari della Gazprom che, attraverso il presidente Putin, si sono accorti di quanto fosse complicato fare affari con un uomo politicamente in difficoltà. Questa volta pero’, sembrerebbe non esserci nessun ripensamento. D’altronde il Millan sta tornando. E per farlo lo deve fare in grande stile e con un progetto lungimirante e ben solido. Per buona pace di sindaco, assessori, politicanti e burocrati da scrivania, il Diavolo sa fare le pentole…. e farà anche lo stadio.
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Alessandro Jacobone