La rabbia e l’orgoglio di Pippo

Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista dal 2006 e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi un decennio di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), si è occupato per oltre due anni della comunicazione di alcune tra le più importanti manifestazioni fieristiche europee per poi intraprendere la strada di Food&Beverage Manager e CEO di una società del settore moda a Milano. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” ogni domenica su Radio Reporter. E’ direttore editoriale della free press pomeridiana Mi-Tomorrow.

La rabbia e l’orgoglio. I due sentimenti che hanno dato origine ad uno dei libri più fortunati di Oriana Fallaci calzano a pennello nel descrivere lo stato d’animo di Filippo Inzaghi che ieri, dopo quattordici anni, ha salutato il “suo” Milan. Quasi tre lustri di momenti gloriosi, ma anche enormi difficoltà come quelle dell’ultimo anno da allenatore. Fino alla “macchia” finale dell’esonero.

Era scontato che Inzaghi non sarebbe rimasto sulla panchina rossonero. Ben prima dell’ultima giornata di campionato era chiaro che il comunicato ufficiale di divorzio era poco più che una formalità. C’era, però, da scriverne bene il contenuto. Adriano Galliani ha provato in tutti i modi la strada della risoluzione consensuale, proponendo a Superpippo circa due terzi dello stipendio residuo da qui a un anno. Dal canto suo, Inzaghi avrebbe rifiutato con la rabbia di chi era convinto di potersi giocare ancora qualche carta con una squadra rinnovata.

E qui subentra il ragionamento sull’orgoglio. Oggi, infatti, il braccio di ferro col Milan è costato a Pippo un esonero sul curriculum. Ci sono passati tanti e illustri allenatori prima di lui. Ma con un pizzico di realismo in più, il sipario sarebbe calato più dolcemente su quella che resterà comunque una gran bella storia d’amore a tinte rossonere. Poi, di questi tempi, non vanno esclusi ritorni. Un po’ come quelli che “fanno giri immensi”.

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