Un anno fa sembrava sicuro al Real Madrid, oggi può essere definito il miglior acquisto del Milan nello scorso mercato. E una delle rarissime certezze per il prossimo anno. Diego Lopez: porta blindata. Questo il titolo dell’intervista concessa dal portiere spagnolo al mensile ufficiale “Forza Milan!“.
Sul bilancio della stagione: “Per la squadra non è stato facile, soprattutto dal punto di vista dei risultati, c’è stata anche sfortuna ma adesso dobbiamo guardare avanti e concentrarci con ottimismo sul 2015/2016. Ripartiremo da zero e avremo la possibilità di rifarci delle delusioni passate“.
Le differenze del calcio italiano con quello spagnolo: “Credo che in questo momento la Liga sia di valore leggermente superiore alla Serie A. Qui c’è più tattica, il livello è sempre buono ed è difficile affrontare le ‘piccole’, mentre in Spagna il divario fra Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid e Siviglia rispetto alla bassa classifica è molto più netto. La Serie A si è evoluta meno di Premier League e Bubdesliga: è rimasta indietro sia per la filosofia di gioco che dal punto di vista delle strutture di allenamenti e degli stadi“.
Sui tifosi: “Non ho notato grande differenza fra Italia e Spagna. Il Real è un club molto importante e dal punto di vista mediatico è sempre sotto i riflettori, pure il Milan è grande e la città di Milano rispetta i giocatori e la loro vita privata. Per me è fondamentale fare le cose normali, staccare la spina, e il popolo rossonero mi permettono di farlo: scenderemo in campo davanti ai nostri tifosi è il massimo. E io mi presto sempre volentieri per autografi e foto, penso sia il più immediato riconoscimento del mio lavoro. Mi trovo benissimo, la mia famiglia è felice anche se mi mancano amici ed affetti della mia terra“.
Sugli idoli: “Il mio preferito era il portieri del Real Madrid e della Nazionale spagnola Francisco Buyo, galiziano come me. Dopo di lui mi sono piaciuti tantissimo Van der Saar e Bodo Illgner“.
Sul suo ruolo: “Ogni anno mi sento meglio da un punto di vista fisico, in porta fanno la differenza l’esperienza e la solidità mentale: qualità che maturano nel tempo, partita dopo partita. La testa viene prima di tutto il resto, l’approccio e la concentrazione sono fondamentali a partire dal quotidiano“.
Sui giovani: “Sono lo specchio del cambiamento della società, vedo meno spirito di sacrificio e passione. Rimpianti? I difetti non mancano, sono troppo perfezionista e meticoloso e questo ha un po’ limitato professionalmente impedendomi di credere quanto avrei voluto. A volte servirebbe maggiore relax“.
Sulla Nazionale: “Mi piacerebbe tornare, soprattutto in questo momento: credo di aver fatto bene con il Milan e continuerò ad impegnarmi al massimo per guadagnarmi la convocazione: più di questo non posso fare, se arriverà una chiamata sarà felice“.
Sul futuro: “Dopo il Milan (contratto in scadenza nel 2018) e una volta chiusa la carriera vorrei rimanere nel mondo del calcio, magari fare il preparatore di portieri ed osservare i movimenti dei miei compagni di reparto. In generale fare l’allenatore è difficile, comporta tante responsabilità e ci vuole carattere forte e grande carisma. E’ dura gestire un gruppo di 25 giocatori“.