Queste le parole di Giacomo Bonaventura, intervistato dal quotidiano turco Hürriyet.
Sull’infanzia: “Fin da bambino ho sempre avuto la passione per il calcio, devo ringraziare la mia famiglia per avermi sempre supportato. Mia madre e mio padre mi hanno sempre seguito ovunque. La svolta è stata il Torneo Arco di Trento, Favini mi ha visto giocare e mi ha detto che dall’anno successivo avrei giocato nell’Atalanta. Per me è stato uno shock“.
Sugli idoli: “Il calcio è duro lavoro, sacrificio, lealtà, ma la verità è che da piccolo tutti i numeri 10 erano importanti per me, tutti i giocatori creativi mi hanno ispirato, in tv guardavo Del Piero e Rui Costa. Non ho grandi segreti per affrontare le partite, ho imparato a gestire lo stress quando ero giovane. Essere in una squadra come il Milan mi fa stare meglio, perché c’è sempre una sola cosa che tutti hanno in mente, vincere. Il Milan è un grande club, con un grande presidente e una grande dirigenza, hanno vinto tutto quello che era possibile vincere“.
Su cosa rappresenta il Milan: “E’ un sogno diventato realtà. Da bambino guardavo la Nazionale olandese con Van Basten, Gullit, Rijkaard, erano incredibili. Poi ho seguito l’era di Ancelotti, una grande squadra con uno spirito vincente. Adesso ho l’opportunità di vestire questi colori. Il vero habitat del Milan è la Champions League, le finali si giocheranno qui e per noi è un dispiacere non poter esserci“.
Sull’affetto dimostratogli dalla gente: “C’è solo un modo per guadagnare rispetto, essere sempre professionali e dare tutto. All’Atalanta ho mostrato tutto il mio impegno, tutta la mia dedizione, e io e i miei compagni abbiamo guadagnato il rispetto dei tifosi. Al Milan lavoro giorno dopo giorno per ottenere le stesse cose“.
Sulle attività extra-calcistiche: “I miei hobby sono principalmente la musica e le serie tv. “True Detective” è una delle serie televisive che mi sono piaciute di più. Adoro la musica britannica, gli U2 e gli Oasis. Mi piace lo stile dei Coldplay“.
Il proprio sogno: “Restare al Milan per diversi anni e arrivare ad alti livelli in Europa. Il mio nome non è difficile, ma i compagni di squadra e gli amici più stretti preferiscono chiamarmi Jack“.