Lino Dimitri è giornalista pubblicista dal 2012. Redattore di SpazioMilan.it dal settembre 2011: è sua la firma nell’editoriale del sabato. Lavora nella redazione di LecceNews24.it occupandosi di cronaca, politica, eventi e sport e collabora con news.superscommesse.it. In passato ha collaborato con Bordocampo.net, Sportmain.it e calciomessina.it.
Un altro idolo rossonero decaduto, un altro immortale che sarà ricordato ingiustamente più per una stagione sciagurata in panchina che per le imprese fatte da calciatore. Lui non s’è risparmiato e ha dato tutto se stesso. Lo si vede dalla sofferenza accumulata sul volto. Magari non è bastato, ma le sconfitte le ha sofferte, accusate, somatizzate. Trattarlo così, lasciarlo nel limbo, in bilico sul precipizio, non è stato certamente un gesto di sensibilità. Piuttosto un accanimento. Può essere che chi di dovere sia in altre faccende affaccendato, ma in questi casi bastava un no comment.
Detto questo, riconoscendo le sue colpe, che comunque ci sono, nei panni di Inzaghi avremmo rassegnato immediatamente le dimissioni. E non tanto per il trattamento rude ricevuto, bensì perché non esistono i presupposti per prolungare quest’agonia, non c’è nessuna speranza di rianimare un gruppo che ormai ha già emesso la sua sentenza. Lo scempio a cui i tifosi del Milan hanno dovuto assistere contro il Genoa è il punto più basso di una stagione che, d’ora in avanti, può solo peggiorare.
Non è una questione tattica, o non solo, e pensare di risolvere il tutto con un coup de theatre, tra l’altro quanto meno azzardato, dà il senso dello stato confusionario in cui versa lo staff tecnico. Inzaghi ma non solo, Tassotti compartecipe e Galliani non esente da corresponsabilità. Non è una questione tattica ora, lo è stata in passato, ma i mali del Milan non sono solo gli infortuni, quello è semplicemente l’alibi. La frattura tra allenatore e giocatore ne è la riprova. Il “confronto da uomini”, come lo ha definito De Jong non solo c’è stato, ma è stato duro e avrebbe dovuto insegnare a Pippo che, per quanto non volesse arrendersi, era il momento di farlo. Dopo Udine avrebbe dovuto dire a tutti: “Grazie e arrivederci”.
E in realtà, forse Pippo avrebbe dovuto presentarle molto prima, quando ha capito di non avere più in mano lo spogliatoio. E non sarebbe stato un atto di codardia, perché a volte ci vuole più coraggio ad ammettere una sconfitta che ostinarsi a nascondere un fallimento, ma un atto d’amore. Verso se stesso e verso il suo adorato Milan.