Maldini: “Si punta poco sui valori del Milan. Il mio meglio dal 2003 al 2004. Ancelotti è stato perfetto”

E’ stato Paolo Maldini il grande ospite della puntata di oggi di “Condò Confidential”, programma in onda ogni venerdì sera su GazzettaTv. Queste tutte le dichiarazioni della storica e vincente bandiera del Milan.

Su quale partita vorrebbe rivivere: “Forse l’esordio. Avevo davanti a me giocatori più esperti pronti a entrare prima di me. Anche li è stata una grande intuizione di Liedholm di non dirmi che sarei entrato. Alla fine di quella partita tutti mi facevano i complimenti e mi sono detto che, forse, avrei potuto giocare con i grandi“.

Sugli avversari più duri: “Maradona, il più grande di tutti, Ronaldo, nei due anni di Inter era fenomenale, e io non ero al massimo, e infine Zidane“.

Su un fallo brutto: “Una volta, in un derby, volevo entrare duro su Serena in gioco aereo. Lui si spostò e io travolsi Baresi“.

Sui litigi in campo: “Ho litigato con Berti, Mutu, Materazzi: lui mi fece espellere con il Perugia. Il sangue va, e quando si chiude la vena è difficile. Sono un uomo anche io“.

Sulla dedica di Guardiola dopo la Champions del 2009: “E’ stato molto bello. L’ho visto 3-4 volte quando giocava in Italia, non lo posso ritenere un mio amico, ma è stata una dedica molto bella. E’ un personaggio che ha cambiato la storia del calcio moderno“.

Sul rispetto degli avversari: “E’ stato molto bello essere rispettato sia dagli avversari sia dai tifosi avversari. E questo a me è successo. La gente non è stupida e capisce come sei anche da una partita di calcio e quando finisci di giocare il rispetto rimane“.

Sulla finale di Manchester 2003: “E’ stata la stagione post mondiale. Tutti mi davano per finito ed ho fatto la mia stagione migliore in assoluto a livello di forza. Quell’edizione di Champions è partita con dei preliminari e io ho giocato tutte le partite. L’abbiamo vinta ed è stato un segnale importante“.

Sulle critiche al Mondiale: “In quell’occasione ce ne furono davvero tante. In una conferenza stampa post Croazia mi venne dato del raccomandato, a 34 anni, e li ho chiuso con le conferenze stampa e la Nazionale“.

Sul Mondiale 2002: “Non sono arrivato al top, ero rimasto fermo 4 mesi. Peccato, era una grande squadra. Quel mondiale fu gestito male, molto dispersivo e poco caldo a livello di tifo. Fu un mondiale molto asettico. E’ stato il mio ultimo mondiale, non l’ho giocato bene“.

Sulla finale dell’Europeo 2000: “La finale era praticamente vinta. Abbiamo avuto tanta fortuna con l’Olanda“.

Sul giugno ’96: “Il giorno in cui perdemmo con la Repubblica Ceca era nato mio figlio. In quella partita siamo stati sfortunati. Ma quell’anno me lo ricordo come la nascita di mio figlio Christian“.

Su Baggio titolare nella finale del ’94: “La formazione ci venne data poco prima di andare allo stadio. Sacchi fece un allenamento intorno alle 8 per provare Baggio e Roberto non si presentò. Nessuno sapeva se ce l’avrebbe fatta“.

Sulla finale Mondiale: “E’ una sensazione stupenda, ma la tensione ti può ammazzare. La vigilia fu molto particolare, c’era un caldo terribile a Los Angeles. Mangiammo alle 7.30. Fu una preparazione alla partita inusuale. Non era sicuro che Baresi ce la facesse. Io ero capitano in quel momento, mi son fatto tanti film. E’ stato l’unico rammarico della mia vita calcistica“.

Su USA ’94: “E’ stato un Mondiale incredibile, con condizioni climatiche assurde. Siamo andati la con tanta conoscenza e tanta esperienza internazionale. Il problema è che non si poteva mai fare un allenamento duro. Giocare ad alto ritmo, con quel clima, era impossibile. Ci siamo adattati molto piano, rischiando di essere eliminati“.

Su cosa mancò a Italia ’90: “Era un Mondiale strutturato diversamente rispetto a quelli attuali. Il passare da Roma a Napoli, contro l’Argentina, è stata la cosa peggiore che ci potesse capitare. Forse, la finale giusta, sarebbe stata Italia-Germania. Se avessimo vinto il Mondiale in casa, saremmo finiti sul piedistallo a vita“.

Sui suoi allenatori: “Sono stato molto fortunato nella tempistica degli allenatori che ho avuto. Liedholm mi ha dato tranquillità, poi ho avuto Capello in Primavera ed era perfetto perché insegnava cose da professionisti. Sacchi mi ha insegnato tantissimo e, nel momento migliore della mia carriera, ho riavuto Capello che mi ha detto di fare un grande giocatore. Zaccheroni mi ha dato un input diverso. Anche a livello fisico, a 30 anni, fare certi allenamenti mi è servito. Mi ha cambiato di ruolo. Infine Ancelotti che è arrivato al momento perfetto“.

Su Napoli-Milan dell’88: “Ci giocavamo tutto e Maradona disse che non voleva vedere nessuna bandiera milanista. Diego è stato un grande avversario, molto simpatico. Parlava tanto, arrivava sempre con dei dolorini. Ma quando iniziava la partita, diventava un mostro, sia a livello tecnico che fisico“.

Su papà Cesare: “Mio papà è stato un grandissimo calciatore, condividere l’esperienza dell’Under-21, poi il Mondiale in Nazionale è infine il Milan è stato incredibile“.

Sul Milan: “Una delle forze del Milan, nella storia ci sono stati pochi club di così tanto calibro, era la tradizione. Oggi si sente poco e si punta poco sul vero valore del Milan“.

Sul calcio di oggi: “Sono cambiati tempi. Una volta non c’erano la Tv in camera ma solo una in Sala Camino, con un biliardo e il ping pong: era più facile fare gruppo, stare insieme“.

I primi passi della carriera: “I primi anni ero un ragazzo giovane che si affacciava alla Prima squadra, presi come esempio le persone silenziose che davano l’esempio sul campo: uno di questi era Baresi, diventato presto mio compagno e mio grande amico. Entrare per la prima volta nello spogliatoio del Milan non è stato facile, anche se erano altri tempi: non c’era tutta questa pressione mediatica. Le voci su mio papà e sulla mia ‘raccomandazione’ le sentivo, specie dagli avversari, è stato un stimolo per fare sempre qualcosa in più. Il primo ad allenarmi fu Liedholm e vedendo subito la troppa esposizione nei miei confronti mi tenne 2-3 mesi ancora fuori“.

Gestione cookie