Sarebbe un fazioso, illusorio e persino volgare esercizio di retorica ridurre le questioni rossonere al fresco punticino di vantaggio sull’Inter, dopo una stagione a braccetto in zone poco entusiasmanti della classifica. Sarebbe anche ingenuo pensare che i tifosi milanesi, a cui ultimamente è passata anche la voglia di sfottò, trovino sincera consolazione dal confronto con i cugini, in un’imbarazzante gara per stabilire chi sta peggio. Così come sarebbe riduttivo appellarsi a una presunta distorsione mediatica per spiegare un’evidente e netta diversità di percezione che, dall’addetto ai lavori al tifoso, distingue con fermezza le due sponde del Naviglio. Una diversità che, a torto o a ragione, è sotto gli occhi di tutti ed invita a una lucida riflessione sulla fisionomia delle due facce calcistiche di Milano.
Da una parte, un passaggio di proprietà già avvenuto e un presidente che, seppure da migliaia di chilometri di distanza, cerca di indirizzare la sua truppa con comunicati e dichiarazioni di intenti. Dall’altra, una vicenda societaria in divenire, in una di quelle fasi in cui il silenzio prende a sberle il desiderio di chiarezza, non si capisce se per fisiologica segretezza finanziaria o se per scarsa lucidità comunicativa. Nel mezzo, due squadre dotate di qualche pennellata di talento che fatica ad esprimersi in un quadro dignitoso. Due rose male assemblate, è evidente, ma anche gestite in modo inferiore alle aspettative, non fosse altro che per una distanza siderale dalla zona Champions, tra l’altro mai così abbordabile come quest’anno. Senza dimenticare incognite di lusso –leggasi Kovacic ed El Sharaawy– che, seppure per motivi diversi, ancora non riescono a garantire una continuità di rendimento capace di far sognare tifosi e allenatori.
Allenatori, appunto, i volti più emblematici della distanza siderale tra la temperatura dei due mondi. Tecnici accomunati dalla fragilità della media punti ma opposti in termini di prospettive future perché, se in pochi scommetterebbero sulla presenza di Inzaghi al ritiro estivo, Mancini già programma la prossima stagione. Da una parte, un neofita cha ha mischiato più volte gli addendi senza trovarne la somma, dall’altra un veterano che ha provato invano a vestire i panni della grande squadra a una rosa incompleta. Il risultato è simile ma, se non stupisce che il Mancio goda di una fiducia quasi incondizionata dei suoi tifosi, che già lo hanno goduto come allenatore vincente, è comprensibile anche il fastidio mal celato di Inzaghi, che vorrebbe più clemenza proprio per la sua gioventù. La certezza è che la stucchevole guerra tra poveri interessa poco ai tifosi milanesi, che vorrebbero tornare ad occuparsi di chi vince di più, piuttosto che stabilire chi ha perso meglio.