Empty Spaces
Come riempire il vuoto?

Appuntamento con Sympathy for the Devil:Milan, storie e rock and roll: uno spazio a cavallo tra passato, presente e future al ritmo di un brano che evoca più di una suggestione sull’argomento proposto.

EMPTY SPACES, PINK FLOYD (1979)
“What shall we use
To fill the empty spaces
Were we used to talk?
Of a love
How shall I fill the final places?”

“Cosa potrei usare
per riempire gli spazi vuoti
dove una volta parlavamo?
Come potrei riempire gli ultimi posti?”

Banner-SIMPATY-FOR-DEVILThe Wall. È veramente un muro quello che si è alzato tra l’Associazione e una parte davvero grande della sua gente. Intesa come le milionate di tifosi che seguono il Milan dall’esterno del tempio, sia per scelta, sia per distanza, sia per necessità, sia per sopraggiunta depressione. Il declino si misura nei post sui social network, nelle residue e rassegnate chiacchiere in ufficio o al bar. E ovviamente nei seggiolini vuoti degli anelli arancio, verde, rosso, tutti in netta maggioranza rispetto a quelli riempiti dagli irriducibili già negli ultimi appuntamenti milanesi che hanno preceduto quello col Cagliari. Lo stadio si stava già svuotando, chi segue il Milan sa che è un processo aperto da tempo.

Poi arriva la protesta organizzata, l’embargo dei curvaioli, certo, l’iniziativa che crea l’immagine da copertina, perché il seggiolino blu è quello oggettivamente sempre meno visibile anche nelle partite più tristi e bieche. Un paio di striscioni, e la foto è pronta. Lo sciopero della Sud è stato e rimarrà l’evento di Milan-Cagliari 2015, con buona pace di Superpippo e dei suoi rinnovati e per certi versi malinconici propositi. Rimane per l’atto e soprattutto per lo scritto, per la dichiarazione di intenti che lo ha accompagnato, sospesa tra porta in faccia e finestre aperte, tra aut-aut, richieste ed endorsement alla solita nota, pagelle e hashtag rigorosamente in inglese. Insomma, un esercizio di comunicazione (e di acrobazia) assai politico, come ormai da nuovo stile del gruppo organizzato della curva: protestiamo, ma con garbo, e lanciando messaggi probabilmente anche per conto terzi. E alla fine della dichiarazione di non-guerra, tuttavia, quelle due righe così lontane da #saveacmilan, game over, merchandising et cetera. “Il cuore rossonero batte ancora, la nostra lotta è cominciata ora”. Ma guarda cosa si rilegge.

Questo, giusto per completare il giro di ottovolante, è un messaggio per la vecchia generazione, per la curva uscita (uscita?) dalla curva stessa una decina di anni fa. “Il cuore rossonero batte ancora, la nostra lotta è cominciata ora”. C’era anche il Barone, allora al piano di sotto del Commandos Tigre, quando queste frasi venivano urlate e scritte allo stadio o davanti agli uffici della Lega in Viale Filippetti, nei giorni tristi e incazzati del calcioscommesse, della cacciata agli inferi della Serie B. Era una curva dura e pura, Brigate e Fossa, dove politica, eventualmente, significava politica-politica, e non affari, convenienze. Sempre con il Milan, ma pronta a caricare (termine non casuale) a testa bassa tutto e tutti nell’interesse dei milanisti: e giusto un anno dopo la battaglia contro le istituzioni colpevoli di usare il Milan come capro espiatorio dello scandalo combine, la curva mise in scena per la prima volta, 34 anni prima del sabato sera del Cagliari, l’abbandono della gradinata proprio nel giorno del sospirato ritorno in Serie A contro la società. Era il 14 giugno 1981, estate ormai pienissima, penultima giornata contro il Monza, gol di tacco di Novellino per la promozione. Ma dall’altra parte dello stadio, quei gradoni per la prima volta vuoti e spiegati da due striscioni: “Meritate uno stadio così”, “Via Turati basta pagliacciate“. Le pagliacciate erano un mix di grandi e meno grandi di topiche dell’avventurata societá dell’epoca, dal caso scommesse al continuo cambio di presidenti per finire alla lunga teoria di vaccate e delusioni di calciomercato, puntualmente enumerate nel comunicato dattiloscritto di spiegazione della protesta distribuito fuori dallo stadio da Brn e FdL a tutti i tifosi.

Fu proprio il goffissimo flop della trattativa per Zico (a cui nel documento si accenna), sbandierata pubblicamente per settimane da Rivera e altri dirigenti rossoneri, a fare saltare il banco della curva. E nel mirino finirono “presidenti fantasma, speculatori, intrallazzatori”, così come si chiedeva la piazza pulita di tutti coloro che non volessero il bene del Milan, desiderato come “società pulita”. Con “avvertimento” finale sulla possibile cessione di Aldo Maldera: “Ci opporremo con ogni mezzo a nostra disposizione per evitare ciò”. E non si trattava evidentemente di boicottaggi sul merchandising. Maldera, effettivamente, non venne venduto: ma per tutto il resto, lo sciopero della Sud non ottenne nulla di nulla. Nell’estate, una campagna acquisti da film horror; nell’autunno e inverno, la caduta libera della squadra, l’esonero di Gigi Radice e l’esplosione di un nuovo caos societario; in primavera, infine, l’avvento del “rancher” Giussy Farina e la nuova, incredibile, deleteria caduta in Serie B. In tutto questo sfacelo, una domenica a Como, la Curva non proclamò scioperi o emise comunicati. Fece un casino d’inferno, colpendo a sassi in testa il proprio capitano Collovati e spaccando mezzo Sinigaglia. Una disastrosa coerenza, mentre il Milan andava a retrocedere in campo neutro.

foto 1Trentaquattro anni dopo, il remake ha avuto un altro sottofondo, e altri scopi. E comunque, appare riuscito. Ma quello che salta all’occhio, confrontando le immagini, ricordando (per chi c’era) quel Milan-Monza, é che attorno a quello spicchio di curva deserto la gente c’era, e rimase lì, tanta e attaccata, anche nei difficilissimi anni che ancora attendevano il Povero Diavolo. Non era, si creda, solo una questione di altro calcio, di tempi cambiati, di fornelli e pay-tv. Era un questione di affezione al Milan, di sentirsi in qualche maniera rappresentati. Cosa che, condita da ben altri campioni, da ben altri successi, è a lungo proseguita anche nell’era del telecalcio. Il 12 aprile, al ritorno a San Siro contro la Sampdoria, il vero problema sarà che alla tregua della curva e al presumibile ritorno al blu non farà seguito – come vorremmo essere smentiti – il ritorno dei milanisti, perlomeno in quantità sindacalmente accettabile, al verde, arancio, rosso. Quelli sono e rimarranno chissà per quanto tempo ancora spazi vuoti, dell’anima rossonera ancora prima che del botteghino: e nessuno, a Casa Milan, sembra sapere come fare a riempirli. O forse, deve comunque aspettare di conoscere l’immediato futuro prima di provarci. O forse, più semplicemente, non si fa proprio certe domande. Il vuoto dentro. Il muro fuori.

(Foto: Magliarossonera.it)

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