Tanti capitani, nessun capitano

Arianna Sironi è nello staff di SpazioMilan.it dalla sua nascita, l’8 marzo 2011, ed è una delle prime firme del sito. Ha condotto con il vicedirettore Daniele Mariani “Milan Time”, un’ora di notizie rossonere nel pomeridiano di Radio Milan Inter (96.1 FM e canale 288 del DTT).

Sette sono i re di Roma. Sette sono i saggi filosofi greci. Sette sono le virtù, come sette sono i peccati capitali. Sette le meraviglie del mondo antico e moderno oppure gli anni di “studio matto e disperatissimo di Leopardi”. Il sette, numero storico e glorioso, lo indossa Menez, il giocatore più decisivo della stagione rossonera, ma rappresenta anche la triste apertura di una voragine che si è mangiata elementi chiave come carisma, personalità, costanza e un po’ di sano “milanismo”.

In 6 mesi di campionato la successione di capitani è stata impressionante: Montolivo, padrone ufficiale di quella fascia, tra infortuni e partite da dimenticare non è mai riuscito a tenersela stretta addosso; Bonera, semplice gregario nell’era Ancelotti con Maldini, Ambrosini e Gattuso, l’ha avuta tra uno spostamento e l’altro in difesa; Mexes l’ha disonorata dopo la scenata patetica contro la Lazio; Abbiati, sceso a fare il secondo al cospetto di Diego Lopez, non ha avuto modo di farla pesare; Abate tra limiti e un rinnovo che ha avuto troppi dubbi non è il leader che ti aspetti; discorso simile per Muntari e suoi “gradi” in emergenza con la Juve; mentre Alex, arrivato da così poco tempo, non può conoscere davvero cosa sia il Milan.

Non giriamoci troppo intorno, il leader vero non c’è e la domanda sorge spontanea: chi “pesa” davvero nello spogliatoio? Forse Abbiati con la sua esperienza, forse il “senatore” Bonera (due che per altro sono tutto fuorché titolari). Qualche volta abbiamo visto Abate o Montolivo metterci la faccia e spiegare sconfitte scomode davanti ai microfoni. Ruoli che non sono fissi, piccoli capitani insicuri con i quali i tifosi poco si identificano. Ma il capitano è il primo testimonial della sua squadra, si sceglie per militanza e curriculm. Lo scorso anno a dare man forte ad uno spaesato Montolivo c’era Ricky Kakà: altra pasta, altra storia, altro simbolo.

Arrivati a questo punto di non ritorno, cercheremo anche l’ottavo, il nono e il decimo affibbiando la fascia a colui alla quale sta meno peggio. E così, oltre alle partite, perderemo piano, piano anche valori e identità

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