Una partita, un gol: il Pazzo c’è e resta, ma ora deve giocare di più

Un gol dei suoi, un gol alla Giampaolo Pazzini. Ieri sera, quando lo speaker di San Siro ha gridato il suo numero di maglia ed il suo nome e i pochi spettatori presenti lo hanno acclamato, per lui è stato come svegliarsi da un incubo, i compagni sono corsi ad abbracciarlo e tutte le polemiche di questi mesi, le voci di calciomercato sono state spazzate via in un secondo, in un lampo. Per un bomber di razza non segnare è come entrare in un tunnel senza via d’uscita, non avere la possibilità di farlo, a causa delle tante panchine, è come rompere la catena della bici e non potersi cimentare con la salita più dura.

Sono due anni che la storia di Pazzini al Milan è piena di ingiustizie, tante voci infondate e tante chiacchiere. Un’operazione a causa di un bruttissimo infortunio, la lunga convalescenza, le tantissime panchine e la pochissima fiducia (prima con Seedorf, poi con Inzaghi), vedendosi preferire gente come Balotelli, finti attaccanti e il peggior Torres di sempre. Un ragazzo di 30 anni, con quasi 100 gol in Serie A, avrebbe potuto anche avere il diritto di chiedere il perché, di pretendere una cessione, invece lui si allena con impegno, cerca di farsi trovare sempre pronto, non fa mai una polemica e ingoia umiliazioni su umiliazioni. L’ultima sabato a Torino. Gioca Niang, l’ultimo attaccante nella gerarchia di Inzaghi, lui si scalda per mezz’ora, ma poi si riaccomoda in panchina.

Il carattere da uomo vero, l’educazione da bravo ragazzo che ama il calcio ed il Milan più di ogni altra cosa, però, prevalgono ancora una volta e il Pazzo sta zitto e, nonostante sia l’unico attaccante in rosa (ed uno dei pochi calciatori del Milan in generale) a non aver avuto ancora mai un’occasione dal 1′, pensa che prima o poi il suo momento arriverà. E sì, c’è la Coppa Italia. Inzaghi finalmente decide di metterlo in campo e lui risponde a modo suo, con un gol in acrobazia, un gol da festeggiare sotto la sua curva, un gol che grida vendetta e tutta la frustrazione per le occasioni e la fiducia inspiegabilmente mai avuta. Così come al Berlusconi, unica partita stagionale (anche se amichevole) in cui era partito titolare, lui gioca, segna ed esulta alla sua maniera, con le dita sotto gli occhi per dire: “guardatemi, sono io e ci sono, sono ancora qua”.

Ora, non sappiamo se questo sia sufficiente affinché il tecnico rossonero possa dargli fiducia anche in campionato, non sappiamo se questo gol allontani Destro dall’orizzonte rossonero, sappiamo solo che Pazzini merita più spazio, merita di giocarsi le sue carte, come tutti gli altri, fino alla fine del suo contratto, in estate poi si penserà. Questa mattina sono circolate con insistenza alcune voci che lo volevano vicino alla Juventus, ma lui, come nell’estate scorsa, non ha mai avuto intenzione di lasciare il Milan in questo modo e, poco dopo, è arrivato un comunicato ufficiale della società che garantiva la sua permanenza in rossonero. La questione Destro resta apertissima, ma per il Pazzo cambia poco. Per lui non è mai stato facile nulla, nessuno gli ha mai regalato niente e lottare per “sopravvivere”, resta e resterà all’ordine del giorno.

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