Il 2014 in casa Milan è stato anche e soprattutto l’anno di Pippo Inzaghi. La strada che ha portato l’ex bomber rossonero sulla panchina della prima squadra è stata per molti semplice e con pochi ostacoli da superare, ma due cose non sono mai mancate al Superpippo allenatore: la determinazione e la voglia di imparare. Così, dopo l’addio forzato alla maglia numero nove da protagonista in campo, ha accettato da subito la nuova sfida e si è messo in discussione sulla panchina degli allievi. La sua grande tenacia e caparbietà lo hanno poi portato, già un anno dopo, a fare il salto alla Primavera. Il 2013/2014 rappresenterà quindi la stagione della svolta.
A gennaio lo chiama il Sassuolo, ma Galliani ha altre idee per la testa e non se lo vuole far sfuggire, “incatenandolo” al Milan. Lui non fa una piega, accetta di buon grado la decisione e a febbraio vince il Torneo di Viareggio con i suoi ragazzi. Una soddisfazione enorme per un cannibale delle Coppe come lui. La strada sembra ormai segnata e, il naufragio del progetto Seedorf, tra una mancata qualificazione in Europa e i dissidi con società, spogliatoio e ambiente, fa il resto. A giugno Pippo Inzaghi è ufficialmente il nuovo tecnico del Diavolo. Una sfida che avrebbe spaventato chiunque; con una squadra allo sbando, lotte intestine all’interno dello spogliatoio, una società che non intende investire sul mercato, i tifosi sempre più lontani dai propri ex beniamini e il dover ripartire senza Europa e dopo la stagione peggiore degli ultimi quindici anni.
Il suo arrivo, però, basta a far tornare un po’ di entusiasmo nell’ambiente rossonero. Lui si presenta bene, sa che il compito sarà durissimo, ma fa capire che nulla lo spaventa e che l’unico suo credo sarà il lavoro e l’obbligo di dare e far dare ai propri giocatori sempre il massimo. L’inizio è incoraggiante e la squadra sembra seguirlo, ma poi, da fine ottobre a inizio dicembre, arriva una sola vittoria in sette partite. San Siro fa registrare minimi storici, i critici iniziano a storcere il naso e il Milan sembra non avere un’identità, tra una mediocrità assoluta a livello tecnico e tanti equivoci tattici. Poi arrivano i quattro punti tra Napoli e Roma, una difesa che inizia a subire sempre meno e giocatori che cominciano a muoversi da squadra.
Si lotta all’unisono per un unico obiettivo, non ci sono prime donne e tutti si sentono parte di un progetto. Il merito? La personalità, la professionalità e la voglia di imparare e migliorarsi di Pippo Inzaghi che sta diventando sempre più il timoniere di una squadra fatta da uomini veri, che lo seguono e pendono dalle sue labbra, senza mugugni e rivalità inutili. Aspettando il 2015 e qualche regalino da parte della società, altrimenti, come da lui sempre dichiarato, si fa con quello che si ha, cercando di trarre sempre il massimo da tutti.