In balìa delle onde. Pippo Inzaghi, dopo la seconda sconfitta consecutiva con la Lazio, è come una barca in mezzo al mare: abbandonato, spaesato, senza punti di riferimento. L’ex numero 9 ogni tanto si volta, si guarda indietro, cerca una luce oltre l’orizzonte. Ma niente. Nessuno al momento gli tende una mano, o meglio, un’ancora di salvataggio. Dispiace vederlo in questa situazione: non se lo merita lui e non è questo un comportamento da Milan.
Lo stesso allenatore rossonero sembra essere oramai assuefatto dalla sue stesse parole. In un momento difficile come questo, la medicina è solo una: compattezza, tutti uiti verso un obiettivo. Invece il capitano del Milan, il suo timoniere, cioè l’allenatore, è stato abbandonato da tutti e anche le sue frasi davanti ai giornalisti, come il paragone con i sette anni di Ferguson alla ricerca del primo trofeo, stona in questa tempesta rossonera fatta di errori societari, dirigenziali e tecnici. Lo stesso ufficio stampa, da sempre simbolo e modello dell’efficienza mediatica del Milan in ambito comunicativo, ha abbandonato un allenatore alla sua prima vera esperienza su una panchina di livello.
Difficile sperare in una rinascita improvvisa, impossibile ipotizzare il futuro di Pippo: avrebbe senso esonerare il terzo allenatore in un anno, per affidarsi all’ennesimo tecnico che andrebbe incontro alle medesime difficoltà? Berlusconi, meritiamo una risposta.