Lino Dimitri è giornalista pubblicista dal 2012. Redattore di SpazioMilan.it dal settembre 2011: è sua la firma nell’editoriale del sabato. Lavora nella redazione di LecceNews24.it occupandosi di cronaca, politica, eventi e sport e collabora con CalcioMessina.it. In passato ha collaborato con Bordocampo.net e Sportmain.it.
Il punto più basso. Se dovessimo dare un titolo alla partita che il Milan ha disputato a Torino, sabato scorso contro i granata, sicuramente la chiameremmo in questo modo. Non ci sono altri aggettivi per descrivere una squadra completamente in balia dell’avversario che non riesce ad uscire dalla propria area di rigore e che si consegna completamente agli avversari senza dare segni di vita. Un’umiliazione che va al di là del risultato, al di là dei punti in classifica, al di là dell’inferiorità numerica che ha costretto i rossoneri a giocare con un uomo in meno per tutto il secondo tempo.
La partita più brutta degli ultimi cinque/dieci/venti/trenta anni, a seconda di come l’hanno definita in tanti, è stata soprattutto un’umiliazione per i tifosi rossoneri che, nel tempo, sono stati abituati ad una squadra che, anche se perdeva, non si faceva mai schiacciare dagli avversari e cercava di imporre il proprio gioco ovunque andasse. Questo è successo con Sacchi, Capello, Ancelotti, solo per citare i più grandi, ma nell’era Berlusconi anche con i vari Zaccheroni, Leonardo, Allegri e Seedorf, il Milan raramente scendeva in campo per farsi mettere sotto dagli avversari.
Sia chiaro le colpe non sono tutte di un allenatore che sta cercando di dare una giusta mentalità ad una squadra che, spesso e volentieri, scende in campo con un’autostima già sotto i tacchi, ma i cambi in corso, la rinuncia a giocatori che potrebbero risollevare il gioco della squadra e un centrocampo troppo spesso poco di qualità e di sola sostanza, sono scelte attribuibili solo e soltanto a Pippo Inzaghi. La squadra ha dimostrato di soffrire contro le piccole e di giocare prevalentemente in contropiede contro le grandi ed è proprio questa la mentalità, il Dna, che il Milan non può permettersi di avere. Al di là della retorica, al di là di una maglia gloriosa da portare (ahinoi) in giro per l’Italia.
Siamo arrivati a metà di una stagione che era partita sotto i migliori auspici e all’insegna di tante belle speranze ed ora si rischia, se non ci sarà un’inversione di tendenza, di finire peggio dell’anno scorso. C’è ancora tempo, certo, e Superpippo ha bisogno della fiducia di tutti per poter dare il meglio, ma il secondo anno consecutivo senza coppe europee sarebbe una clamorosa disfatta. La prima testa a saltare, ovviamente, sarebbe la sua, ma se in rosa, difficilmente riusciamo ad individuare calciatori di proprietà rossonera che abbiano un valore di mercato che superi i 10 milioni, e si continua a cercare parametri zero e prestiti, la colpa è da attribuire anche e soprattutto a qualcun’altro. Il 5-4-0 con cui il Milan ha concluso la gara di Torino, però, è da squadra che lotta per non retrocedere, è da film dell’orrore neanche uscito bene.