Matteo Darmian si racconta. Il giocatore del Torino, in queste ora al centro di movimenti di mercato, ha pralto a 360° della sua carriera alla Gazzetta dello Sport: “Dissi addio al Milan quando capii che lì non avrei giocato quanto volevo: evidentemente dovevo crescere, prima di tornare un giorno in un grandissimo club. Al provino per il Milan eravamo in quattro: anche se ci sono andato come se andassi a giocare all’oratorio, scelsero proprio me. Nei primi anni di settore giovanile ero sempre il più basso, il più magro, il meno robusto e però ogni estate mi arrivava sempre la lettera di riconferma, un motivo ci sarà?“.
Sugli idoli: “Quando ho iniziato a giocare ero centrocampista centrale e se mi chiedevano del mio idolo non facevo neanche finire la domanda: Seedorf. Poi gli allenatori mi hanno schierato come difensore centrale, e allora guardavo Nesta. Quando ho giocato terzino non c’era neanche l’imbarazzo della scelta: Maldini e nessun altro. Nel 2007 ero in rosa con tutti e tre. Clarence mi ha insegnato cosa è la personalità, Sandro l’eleganza e Paolo la professionalità. Non so se sono o se sarò mai un idolo per qualcuno, ma sento molto la responsabilità di dover dare un buon esempio: come calciatore per i ragazzini e più in generale come uomo”.
Sui valori: “Frequentare l’oratorio era come stare in cortile, ce l’avevo proprio dietro casa e c’era tutto quello che può servire per crescere bene: divertimento, sport, amicizie, valori. E parlo anche dell’onestà, della lealtà, del saper stare con gli altri, mica solo quelli della religione cristiana, che pure sento. In due parole: all’oratorio ti insegnano a vivere, anzi ti educano a vivere. Io credo di essere il Matteo che sono anche perché ho passato la mia adolescenza all’oratorio di Rescaldina”.
This post was last modified on 24 Gennaio 2015 - 12:35