“Alessio? Un ragazzo tranquillo, era molto intelligente già da piccolo”. Alessio, ovviamente, è Alessio Cerci. La definizione, invece, è del suo “padrino”, parlando di calcio: Massimo D’Emilia, oggi allenatore degli Juniores Regionale del Valmontone, contattato in esclusiva da SpazioMilan.it. E’ lui ad aver preparato Cerci tra i 9 e i 13 anni, sempre nel Valmontone, alle porte di Roma.
Quale fu la gavetta di Alessio?
“Dai Pulcini agli Esordienti, poi finì nei Giovanissimi della Roma”.
Carattere?
“Un ragazzino tranquillo, molto semplice”.
E quando esplose?
“Si vedeva subito da come colpiva il pallone con entrambi i piedi e dalla grande progressione. Tutti ci chiedevano informazioni su di lui. Ovunque raccoglievamo complimenti”.
Fin quando non arrivò la Roma…
“In realtà ce lo avevano chiesto anche in Francia e dalla Lodigiani. Bruno Conti, però, riuscì a mettersi presto sulle sue tracce per portarlo in giallorosso”.
C’è un episodio che ricorda con piacere?
“Ne abbiamo passate tante e parliamo ancora oggi molto. Ci sentiamo ogni due-tre giorni”.
Le ha chiesto consigli sul Milan?
“Mi chiama per scambiarci opinioni su tutto. Anche in campo, da giovanissimo, bastava uno sguardo per capirsi”.
Sapeva leggere le partite?
“Alessio riusciva a capire quando nella partita ci doveva stare a tutti i costi, ma anche quando non doveva giocare. E’ sempre stato consapevole dei suoi limiti”.
Che cosa non ha funzionato a Madrid?
“Quando andai lì a trovarlo mi resi conto di un altro mondo. C’è un modo totalmente diverso di concepire il calcio. Ad esempio, in Spagna si allenano al mattino. Sono abitudini diverse, anche i suoi muscoli hanno bisogno di abituarsi”.
Mancato adattamento?
“Sinceramente non credo che non ci fosse un problema con Simeone quanto proprio una questione di ambientamento a livello fisico”.
E ora il Milan…
“Il Milan ha fatto l’affare. Cerci torna nel suo habitat naturale, conosce la Serie A e avrà bisogno di due-tre partite per farci vedere di nuovo quello che abbiamo ammirato l’anno scorso”.