Non fosse bastato un Natale con temperature primaverili e la neve sintetica sparata sulle piste da sci, l’inverno del tifoso rossonero si vede scaldare anche dalle roventi trattative di mercato. La trattativa della quale sto parlando, credo l’abbiano già capito in molti, è quella relativa all’acquisizione di Alessio Cerci da parte del Milan. L’improvvisa trattativa ha acceso immediatamente un dibattito tra i vari tifosi che, sulla rete come nei bar di periferia, si è trovata da subito divisa sull’argomento.
Neanche il tempo di metabolizzare la vicenda, ecco arrivare la doccia fredda, anzi ghiacciata. “Alessio Cerci preferisce l’ Inter”, tuonano i blog e le testate giornalistiche. Inevitabile lo sdegno del tifoso rossonero, me compreso, che di fronte a tale parole si è sentito offeso. Soprattutto ha ritenuto offesa la storia di un club per il quale giocatori come Redondo hanno lavorato duramente per 10 mesi, pur di recuperare in tempo per indossare la maglia rossonera “almeno una volta”. Come spesso accade però, il sangue del tifoso bolle facilmente spinto dall’amore per il Milan e questa passione annebbia leggermente la vista e il rapporto con la realtà. I frequentatori della pagina dei Milanisti Non Evoluti 2.0 hanno, come tutti i tifosi del Milan che di esso fanno più che una semplice squadra da tifare, una memoria storica ben allenata. Ed è proprio da uno di questi interventi che ho incominciato ad analizzare la vicenda in maniera più oggettiva possibile.
“Ci sono club che quest’estate non si sono comportati bene con me. Alcuni dirigenti dovrebbero avere più rispetto” denunciava Alessio Cerci durante uno dei primi ritiri settembrini della Nazionale. Chiaro era il riferimento al Milan, società che pubblicamente lo aveva cercato, come dieci mila altri nomi fatti in orbita rossonera, per tutto il periodo estivo. Questione di “parola data” dunque, importante per ogni uomo che si ritenga tale. A chi la colpa quindi? Sulle montagne russe del mercato rossonero, nel momento in cui vi scrivo, l’arrivo del talentuoso laterale italiano sembrerebbe peròin dirittura d’arrivo. Resta chiaro però che non vi avrà a che fare con un personaggio semplice e che per la gestione dello stesso, servirà pazienza e soprattutto tanta chiarezza.
Capitolo Mancini. Era una giornata invernale del 2011 quando Roberto Mancini, allora allenatore del Manchester City, tuonò contro il Milan accusandolo di comportamento scorretto nella vicenda Tevez. L’allora attaccante del City, era ai margini della squadra, esiliato come il peggiore dei traditori. Ma Mancini, storicamente in contrasto con l’AD rossonero Galliani, fece di tutto affinchè gli oramai avviati contatti tra City e Milan giungessero alla rottura finale dopo l’ennesimo rilancio del management inglese. La vicenda Pato/Barbara Berlusconi/Tevez non era ancora all’orizzonte e a dirla tutta, favella che non ha mai convinto il sottoscritto. Le accuse di scorrettezza da parte di chi aveva approcciato all’argentino senza avvisare il City, sorpresero persino il City stesso, voglioso di liberarsi al più presto di quella “zavorra economica” e scomoda per tutto l’ambiente. “Mancini è un signore e come tale vuole che la gente si comporti”. Questo il tono di molti commenti autorevoli da parte della stampa italiana filo nerazzurra. Peccato che la cronaca sia impietosa e che l’attuale tecnico nerazzurro si dimostri il classico professore del “predicar bene e razzolare male”. L’odierna ira dell’Atletico Madrid, per il non autorizzato corteggiamento ad Alessio Cerci, ne è la conferma.
Come troppo spesso accadde ultimamente, la storia dei cugini nerazzurri è farcita di verginità dichiarate e quasi mai giustificate. Resta il fatto che mi manca il Milan ambito da tutti e al quale i veri campioni dicevano sì ancora prima che squillasse il loro telefono.
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Alessandro Jacobone