Forse non giocherà (ancora) dall’inizio, o forse sì. Ma almeno per adesso Fernando Torres si affida alle parole, raccontando le impressioni per il suo primo Milan-Inter in arrivo. Questa l’intervista rilasciata dallo spagnolo, stamane, a La Gazzetta dello Sport.
Sul derby: “Mi emoziona molto. Il derby è passione, per chi gioca e chi assiste. Vincerlo è stata la prima cosa che mi hanno chiesto i tifosi in aeroporto ad agosto. Sono partite che durano sei mesi. Dappertutto. Si preparano da sole. In carriera ho segnato spesso nei derby, spero di segnare anche in questo. Mancini? Gli ho già dato un dispiacere, ma vorrei chiarire che non ho nulla contro di lui (sorride, ndr ). Spero che a fine partita ci stringeremo la mano, anche se magari gli avrò di nuovo fatto gol e il Milan avrà vinto… E’ un ottimo tecnico, ha svolto un lavoro eccezionale”.
Su Inzaghi: “Il mister ci riempie di consigli. Per ora batte molto sul concetto di gruppo. Con me insiste sulla posizione e mi raccomanda di non preoccuparmi, che ritroverò presto la via della rete”.
Profonda, umile ed ambiziosa riflessione sul momento personale: “Se una partita finisce senza gol ma hai creato cinque occasioni, è un buon segno. Solo che in alcune partite abbiamo creato meno di quanto potremmo fare. Questo sì che è un problema. Comunque ora tocca a noi attaccanti, non può sempre segnare Honda… Il mio obiettivo è ancora la classifica marcatori. Il Milan mi ha preso per fare gol, e farne più di tutti è il mio lavoro. Altrimenti al mio posto viene un altro. Comunque il gol non è un’ossessione: se vedo un compagno messo meglio, gliela passerò sempre”.
Missione Europa: “Io salvatore della patria? Mi è successo anche all’Atletico. Nei miei confronti c’erano aspettative enormi, ma ero giovanissimo. Per fortuna c’era Aragones, un tecnico che adoro,che mi tutelava e mi ha accompagnato nella crescita nel migliore dei modi. In fondo, pur con i debiti paragoni, la situazione non è poi così diversa fra i due club. All’epoca l’Atletico era in B, il momento era molto difficile e occorreva ripartire da zero. Il problema fu che vollero far ripartire tutto troppo in fretta, c’era troppa pressione. Il risultato? La squadra restò in B due stagioni. Ecco, anche il Milan deve ripartire, ma l’esperienza mi insegna che non bisogna avere fretta. Tornare in Europa è la missione primaria, certo, ma senza farsi prendere dall’ansia”.
Su Berlusconi: “E’ incredibile. Adora parlare di calcio. Ci dà molti consigli, ci dice come vede le cose in campo. A noi attaccanti, per esempio, dà indicazioni sui movimenti quando hanno palla i centrocampisti. Per me è una novità assoluta, non avevo mai avuto un presidente così interessato a quanto avviene in campo”.
Su Menez: “Tutti possono giocare con tutti. Non ho mai visto due giocatori che non possano stare insieme in campo”.
E infine: “Albertini? Un grande compagno e un grande amico. Arrivò a Madrid nella mia prima stagione da capitano. Avevo solo 19 anni e mi chiedevo: ‘Ma come posso fare da capitano io a uno come lui?’. Demetrio mi parlava continuamente del grande Milan. Balotelli? L’ambiente inglese per lui è difficile ma se ha deciso di tornarci vuol dire che è convinto. Solo il tempo dirà quale campionato trarrà più beneficio. Se mi manca la Premier League? No, sette anni sono abbastanza. E’ un grande torneo, ma sembra ancora più importante perché loro lo sanno vendere e spingere meglio degli altri paesi europei. Quanto tempo mi sono dato per tornare in Nazionale? Non so quantificare. Non è detto, ma è possibile. Comunque ora come ora è una cosa secondaria: la priorità è il Milan”.