Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Dirige parallelamente il free-press pomeridiano MI-Tomorrow. Collabora con La Gazzetta dello Sport e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
Come un soufflé. Sì, come quella cosa pronta a gonfiarsi e a sgonfiarsi dopo un po’. A volte regge, ma non sempre. Anche perché servono fondamenta solide e, soprattutto, la giusta alchimia di elementi perfettamente dosati. Ebbene, l’entusiasmo dei tempi del ritiro, delle prime due vittorie sembra piuttosto svanito. E vedere i tentativi di allietare un San Siro terribilmente deserto andare piuttosto in fumo è la prova più lampante che, alla fine, per dipingere una parete grande ci vuole un pennello grande. O un pennello con il grande manico. Che non può (ancora) essere un Pippo Inzaghi sempre pronto a dribblare le domande con i soliti tre concetti. Quelli di ieri sera erano, nell’ordine, i complimenti alla vittoria del Palermo, il remind sull’ottavo posto della scorsa stagione (“Ricordatevi da dove veniamo“, ndr) e la richiesta di non smontare quanto di buono fatto.
E sono bastate queste tre variazioni per rispondere a domande su Alex, sulla perenne difesa del gruppo, sulle difficoltà tattiche, su un attacco che non segna più e su una difesa che continua ad essere un tallone d’Achille malato da un bel po’. Alla fine, insomma, anche qualificarsi ai preliminari di Europa League basterà perché “è meglio dell’anno scorso“. E via al farsi quadrato attorno, al non approfondire problemi strutturali, ma anche di immaturità, in campo e fuori. L’immaturità di un giocatore come Menez, da re di Milano a re della discontinuità in poche settimane (non segna da Parma…), l’immaturità da tecnico di Pippo. Come è normale, come è giusto che sia. Ma immaturità è ben diversa da carisma, quello che manca per dare una svolta netta ed importante.
E poi c’è El Shaarawy, sempre grande movimento ma sempre senza gol. Come Torres, corpo estraneo, ma anche come Honda che ci aveva abituato troppo bene. In realtà la (mini) soluzione potrebbe essere piuttosto a portata di mano. Sì, perché questa è una squadra chiaramente costruita per giocare senza punte di ruolo, senza Torres e Pazzini, figli, loro malgrado, di un football ormai passato ma ancora tanto amato ad Arcore. Il finale è presto scritto: alla fine, come sempre, deciderà Berlusconi. Ma la classifica non si costruisce venerdì a Milanello. Pippo ha bisogno di libertà: ha tutte le carte per stupire squadra, tifosi, società e quell’elicottero… che non basta più.
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