Oggi – e solo oggi, e mannaggia all’assurda corsa all’anticipo delle ricorrenze – Luigi Riva chiude il cerchio dei suoi primi 70 anni e chissà, nel remoto caso in cui sia in vena di bilanci, se ci ritroverà dentro anche quel pomeriggio della tarda primavera del 1974, un pomeriggio in cui la sua storia, e anche la nostra, sembravano giunte a una svolta.
Era il 31 maggio, per la precisione, nello sport è giorno di Giro d’Italia e di vigilia dei Mondiali di calcio tedeschi. Gli azzurri di Valcareggi sono radunati alla Pinetina interista, in attesa di volare in Germania, e in agenda, nel tardo pomeriggio, c’è un galoppo amichevole a Varese contro il Meda, squadra di Serie D. Il clima non è molto sereno, i vecchi “messicani” e i giovani leoni della Lazio neo-campione non legano, anzi. E poi, ci sono parecchie paturnie individuali legate al calciomercato, perfino una bandiera come Sandro Mazzola viene data in partenza, alla Juventus poi, pensa te. Ma se quelli sul Baffo sono titoli-boutade, molto più veri e seri sono quelli su Gigi Riva, che il Cagliari, giunto a un capolinea tecnico ed economico, stavolta vuole vendere sul serio. Si parla della solita Juve, da tre estati inutilmente in attesa del sì del bomber, ma negli ultimi giorni di maggio esce forte e allo scoperto il Milan.
Albino Buticchi, il presidente, deve assolutamente risollevare un ambiente depresso dall’ultima, disastrosa stagione, il post-Verona è stato uno sfacelo. Via Rocco, settimo posto, umiliazioni in serie (6 gol dall’Ajax in Supercoppa, 5 dall’Inter), finale di Coppa Coppe persa malissimo con l’underdog Magdeburgo. Buticchi, quell’estate, sborsa, rifà la squadra. Arrivano Zecchini, Bet, Bui, dal Varese neopromosso Gorin e il capocannoniere della B, Egidio Calloni. Dal Cagliari ecco il “vecchio” e sempre grande Ricky Albertosi. E tanto che ci siamo, con i sardi Buticchi tratta anche Riva, clamorosamente. I rossoblu chiedono una cifra folle, per l’epoca: almeno 2 miliardi e mezzo tra giocatori e soldi, che tuttavia Buticchi riesce a mettere sul tavolo. Sono pronti Chiarugi, Sabadini, il neo-acquisto Calloni, il giovane Aldo Maldera o, in alternativa di quest’ultimo, 600 milioni in contanti. Cioè, si sta parlando di uno dei 22 azzurri “mondiali” (Sabadini), del principale attaccante della squadra (Chiarugi) e dei due giovani più promettenti della rosa rossonera e non solo.
Il presidente Arrica, non è un fesso: e per il Cagliari è sì. E quel pomeriggio del 31 maggio, proprio durante la cronaca della tappa del Giro, la radio nazionale (all’epoca, insieme al Primo Canale Tv, la bocca della verità giornalistica) interrompe il racconto degli inviati per annunciare la notizia del passaggio di Gigi Riva al Milan, la contropartita è quella indicata con il cash al posto di Maldera. L’interessato lo viene a sapere sul pullman della Nazionale diretto verso l’amichevole di giornata, glielo dice Causio. Reazioni, in stretto ordine cronologico: sorpresa, sconcerto, rabbia, rifiuto. Le stesse che esprime ai giornalisti all’arrivo a Varese, dove si disputerà la partita.
In tribuna, a Masnago, si presentano anche il presidente Buticchi e Sandro Vitali, il diesse rossonero, e sembra la conferma definitiva del colpo che entrerà nella storia del calciomercato. E invece, in realtà, sta succedendo l’esatto contrario: l’accordo era stato effettivamente raggiunto tra i club un paio di giorni prima, ma in una telefonata a dir poco burrascosa, Riva aveva detto chiaro e tondo ad Arrica che da Cagliari – dove ormai ha radicato anche affetti e interessi personali – non si sarebbe mai mosso, dichiarandosi pronto anche a lasciare il calcio bruciando così l’arma del vincolo allora in mano alle società. E per quanto riguarda il Milan, in poche ore c’era già stato spazio per un mini-ripensamento: Riva era grandissimo, ma valeva la pena di dissanguarsi per un calciatore già alla soglia dei 30 anni e soprattutto estremamente refrattario a un nuovo ambiente professionale e di vita, a una città dove, a differenza di Cagliari, non sarebbe stato considerato come un totem, un semidio?
Infatti, sono proprio i dirigenti milanisti, a Varese, un paio d’ore dopo quello squassante annuncio radiofonico, a dire che no, non è vero, non se ne fa niente, Riva rimane dov’è. Buticchi, ingenuamente, per provare le sue parole tira fuori dalle tasche un foglietto con i nomi spuntati di Chiarugi, Calloni e Maldera come per dire: vedete, li ho cancellati, non se ne parla. Ed era l’esatto contrario. Perché, allora, quella notizia-bomba, peraltro lanciata su basi vere? Con ogni probabilità fu il Cagliari a comunicarla alla Rai, per mettere poi – conscio del suo rifiuto – Riva con le spalle al muro e addossargli la colpa, come poi fu fatto con un incredibile e polemico comunicato ufficiale, del mancato consolidamento finanziario e tecnico del club. Una trattativa del Diavolo, insomma, e quei 120 minuti di Rombo di Tuono rossonero finirono tutti in crusca. Riva fece un Mondiale disastroso, chiuse con la maglia azzurra e poco dopo si strappò un polpaccio.
Nel 1974/75, sole 8 presenze e 2 gol: e l’anno dopo, proprio contro il Milan, guarda te il destino, l’infortunio che lo toglierà definitivamente dai campi di calcio a soli 31 anni. Per quanto riguarda noi, che dire? Calloni andò benino, il primo anno, ma non era l’erede di Riva, manco per sbaglio, povero, sfortunato e “sciagurato” Egidio. E la squadra fu ancora grigia, fragile, spaccata poi a fine stagione dalla guerra di Rivera a Buticchi, che ancora in foia da calciomercato, aveva dichiarato di essere disposto a cedere il capitanissimo. Una guerra che spaccò in due il Milan ed ebbe effetti devastanti sulle stagioni successive. Quanto casino per nulla, ragazzi. Quasi meglio il mercato dei “costo zero”.