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Quattordici punti che valgono tantissimo. Perché arrivano da una squadra in fase di costruzione con tanti giocatori nuovi. Perché Inzaghi è all’esordio sulla panchina e molti pensavano che incontrasse le stesse difficoltà di Seedorf. Perché il Milan ha il miglior attacco della Serie A. Perché ha già vinto due trasferte difficili come Parma e Verona. Perché ha vinto lo scontro diretto contro la Lazio e perché le altre concorrenti al terzo posto devono ancora incontrare la Juve.
Ma soprattutto perché siamo tornati una squadra. Siamo tornati il Milan. Uno spirito di gruppo e una grinta che non si vedevano da tanti anni. I limiti tecnici ci sono, è innegabile, ma Pippo le studia tutte per mascherarli. La partita di Verona è stata preparata nei minimi di dettagli, a partire dalla conferenza prepartita. “Chi non rema dalla stessa parte, a gennaio verrà ceduto”: un messaggio preventivo per chi si lamenta di panchine o di scarso utilizzo. Inzaghi sa che adesso l’abbondanza in attacco potrebbe rappresentare un problema e prevenire è meglio che curare. La gestione di El Shaarawy da parte di Pippo è esemplare: lo carica al punto giusto, proprio come Ancelotti faceva con lo stesso Pippo. Lo butta nella mischia e lo toglie dopo 75 buonissimi minuti. La quarantena ha fatto bene ad ElSha che gioca finalmente una buona partita, anche se può ancora migliorare. Pippo maniacale interviene anche sulla reazione innervosita alla sostituzione di Stephan. Lo induce a fermarsi in panchina e a presentarsi ai microfoni. ElSha intelligentemente dichiara: “Ce l’avevo con me stesso”. Messaggio ricevuto e, se si allenerà al massimo, sarà titolare anche contro la Fiorentina. Più bastone che carota per abbassare una cresta a volte troppo “ingellata”.
Per Torres invece ci vuole più carota, sperando che trovi la condizione migliore in fretta. La gestione dello spagnolo, utile e volonteroso, ma non ancora decisivo, ricorda più quella di Ancelotti con il primo Crespo rossonero. Lo aspettava pazientemente e lo dosava nei primi mesi. Alla fine ha avuto ragione. E ce l’avrà anche Inzaghi. Di Honda è ormai inutile parlare, lasciamo che siano gli altri ad accorgersi e ad ammettere che avevano preso un colossale granchio nel definirlo “brocco” prematuramente. Il giapponese a zero euro e 6 gol in 7 partite è uno dei tanti capolavori di Galliani. E dello stesso Inzaghi che l’ha trasformato da UFO di Milanello a titolarissimo capocannoniere della Serie A.
Questo solo per parlare del tridente anti Verona. Ma esempi di perfetta gestione tecnica e societaria si trovano in ogni ruolo. La fiducia incondizionata ad Abbiati, ancora decisivo al Bentegodi. L’esplosione incredibile di Abate che Galliani sta tenendo sulla corda con il contratto e la cosa lo stimola non poco. La crescita di De Sciglio che secondo qualcuno non poteva fare il terzino sinistro. Persino la fiducia ad Essien come vice De Jong. Inzaghi gli ha detto subito che avrebbe sostituito l’olandese squalificato e lui si è preso la responsabilità. Pippo è stato bravo a farlo sentire parte del gruppo e a non escluderlo. Insomma tutte tracce di un pedigree da grande allenatore. Evidentemente non sbagliava chi lo vedeva in questo ruolo già tre anni fa, quando lo convinse ad appendere le scarpette per intraprendere la nuova carriera. Ora però non bisogna esaltarsi e non bisogna pensare di essere una grande squadra. Errore commesso ancora una volta negli ultimi minuti a Verona. Bisogna continuare con l’umiltà messa in mostra finora e provare a battere la Fiorentina. E anche le rosicate satellitari dei doppi ex…