Jack Bonaventura è stato intervistato da “Forza Milan!“, il mensile ufficiale rossonero. Queste le sue dichiarazioni.
L’obiettivo di Bonaventura nei prossimi cinque anni: “Vincere almeno un trofeo, possibilmente una Coppa“.
Sull’esordio, con gol, in Parma-Milan: “La gara è andata al di là delle previsioni, segnare alla prima indossando la maglia del Milan era il massimo che potesse accadermi. E così è successo. Non mi ero fatto un’idea precisa dell’avversario, ho pensato a me stesso, a fare il massimo: siamo una squadra forte. Poi lo sviluppo del “Tardini” è stato favorevole, abbiamo giocato bene ma anche commesso degli errori: personalmente potevo essere solo soddisfatto. La maglia con cui ho segnato l’ho conservata, penso la regalerò ad un amico di infanzia, milanista, che adesso diventa pazzo quando mi vede. Un’altra l’ho scambiata invece con il quarto uomo, la voleva essendo marchigiano come me…“.
L’impatto a Milanello: “I primi giorni mi sembrava di essere sulla Luna, poi, accanto ai compagni, ho capito che questa è una rosa di professionisti, c’è la cultura del lavoro. Un ambiente meraviglioso che mi ha fatto subito sentire uno di loro“.
I primi ricordi rossoneri: “Da bambino mi sono legato agli olandesi, Van Basten, Gullit e Rijkaard: una squadra davvero fantastica. Poi ho avuto modo di apprezzare il periodo di Ancelotti, in quegli anni veniva proposto un calcio vincente e spettacolare“.
Tensione prima di scendere in campo? “In passato soffrivo molto, con il passare del tempo sempre meno. Essere in un contesto come quello rossonero mi fa stare ancora più tranquillo perché sono in mezzo a dei campioni: il pensiero fisso è vincere. Troppa tensione ti fa consumare energie eccessive. All’inizio mi succedeva così, successivamente ho imparato a gestire le emozioni: grazie all’esperienza riesci a conoscere meglio l’avversario che hai di fronte. Ecco perché in Parma-Milan mi sentivo bene, libero: la preparazione del match è stata ottima“.
Pregio: “Non mi sento mai bravo, penso che si debba crescere ogni giorno“. E difetto: “Devo ancora acquisire la maturità necessaria per diventare importante nel Milan. Penso sia una questione di tempo“. E sul carattere: “Sono una persona positiva, nel bene e nel male. Questo mi ha aiutato a superare alcune difficoltà“.
Spogliatoio e turnover: “Secondo me quello che succede nelle grandi piazze è quasi impossibile che varchi le mura interne, i problemi generalmente si risolvono dentro al gruppo. Quando ho avuto vicino gente autentica le cose si sono sempre sistemate in famiglia. Il Milan non fa eccezione, fra noi c’è tanto affiatamento. Ognuno conosce forza e propri limiti, sa se riesce a dare il massimo per tre partite alla settimana oppure ha bisogno di recuperare. Nella nostra coscienza sappiamo se l’allenatore ha ragione o no quando prende determinate decisioni. L’amarezza esiste, però se sei bravo capiterà presto di avere nuove chance: si deve guardare avanti“.
Sulla Nazionale: “E’ un sogno per tutti. Mi piacerebbe disputare un Europeo o un Mondiale“.
Infine: “Ammiro l’organizzazione del calcio tedesco e il fatto che in Germania gli stadi siano sempre pieni. Ma a livello di spettacolo la Premier League resta ancora senza rivali. Serie A? Non ho mai sentito nessuno lamentarsi di giocare troppo spesso, se hai le Coppe hai poco spazio per allenarti ma misurarsi con un club internazione è bello e stimolante. Pagelle? Le guardo solo quando ho fatto bene… Ho lasciato casa a 16 anni e sento di aver perso qualcosa per strada, i primi anni mi sentivo con tutti gli amici ma poi l’elenco si è via via assottigliato: ora si contano su una mano. Il tempo aiuta veramente a capire i rapporti veri. Ho visto tantissimi ragazzi nelle giovanili dell’Atalanta dotati tecnicamente, più di me, ma che alla fine non hanno mantenuto le attese: a queste età la testa conta più dei piedi. I primi anni a Bergamo ho fatto fatica, gli altri correvano il triplo ed ero alto come un ‘pistola’: ha vinto la mia determinazione, svolgo il lavoro più bello del mondo“.
This post was last modified on 22 Ottobre 2014 - 11:27