Dai bad boys alla pulizia, a regole, disciplina e gruppo. Il Milan di Inzaghi respira in sintonia perfetta, alle parole hanno fatto spazio delle risposte immediate. Togliere alla rosa il miglior attaccante può bastare per rafforzarsi, del paradosso nemmeno l’ombra: Balotelli, approfondisce La Gazzetta dello Sport, insegna questo.
Inzaghi si è speso fin da subito sull’atteggiamento della squadra, solo dopo arrivano moduli ed azioni. Si vince insieme, lo spirito di sacrificio spesso può avere effetti (e benefici) più brillanti dei piedi. E soprattutto della testa. E’ evidente, i rossoneri hanno cambiato marcia tornando alle origini, giocatori diversi ma un ambiente passato, già visto e vincente: Milanello silenzioso ma vivissimo, aria nuova. L’esempio principale di tutto questo può essere Torres, scelto senza esitazioni nonostante i 30 anni, una carriera in discesa e soluzioni ben superiori (ma più costose) sul mercato. “Volevo solo sapere come si allenasse, quando mi hanno detto che è il primo ad arrivare e lavora sempre al 100% i dubbi si sono azzerati“. Le parole di SuperPippo descrivono squisitamente lo scenario, l’attaccante spagnolo (solo due tatuaggi sull’avambraccio) è ok: professionale e disponibile, due ore e mezza di autografi valgono più di un gol. Per adesso. Bonaventura non è da meno, carattere impeccabile e profilo ideale. E poi Niang, tornato in pista grazie all’esperienza francese, pianificata dai rossoneri, e dal cambio in panchina. Si batte e si sbatte.
Rimane la sua cresta, insieme a quella famosissima di El Shaarawy (giù le mani). Ma va bene così. Lo spogliatoio è finalmente unito, è il Milan dei bravi ragazzi.