Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Dirige parallelamente il free-press pomeridiano MI-Tomorrow. Collabora con La Gazzetta dello Sport e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
Non può esser pura coincidenza. Due gol in due partite nei modi in cui meno te lo aspetti. E poi ride. Sì, Keisuke Honda sa anche divertirsi quando gioca. Più sciolto, più convinto, ancora più consapevole. Lui, che di consapevolezza ne aveva sempre avuta (e tanta) almeno fino all’approdo in Italia. Poi la responsabilità, la targhetta di colpo “commerciale”, la difficoltà con la lingua ne hanno quasi atrofizzato le capacità. Come se lui, re del Giappone, non sapesse più fare nemmeno le cose più semplici. Qualcosa dev’essere cambiato se, archiviato un Mondiale in cui ha condotto con maturità il Giappone finché ha potuto, questo numero dieci ha cambiato pelle in poco più di tre mesi. Pippo Inzaghi gli ha costruito un modulo addosso? Macché. Keisuke Honda è tornato semplicemente a fare quello che ha sempre fatto: giocare per stupire, con tecnica e… sacrificio.
Quello che Daniele Bonera a volte dimentica, in un susseguirsi di imprevedibili blackout che spiegano perché la sua lunga militanza rossonera non equivalga a un Senato responsabile e considerato fondamentale. L’espulsione di ieri è da matita rossa sottolineata almeno tre volte, dal momento in cui, poco dopo, sorte vuole che Alex si faccia male obbligando il mister a cambiare entrambi i centrali in pochi minuti. Chi non ha avuto bisogno di sostituzioni, pimpante come pochi, è stato Giacomo Bonaventura: l’infortunio di Torres decide il suo destino e il Tardini diventa teatro del gol all’esordio. Nella ripresa, l’inferiorità numerica porta Inzaghi ad arretrarlo in mediana, esterno sinistro, salvo supportare al meglio un affamato Menez.
Che, a sua volta, ha fiato per tutti: per Jack, per Honda, per procurarsi rigori, per De Jong, per esultare sotto una curva che sta imparando a conoscerlo e a prendere confidenza. Jeremy è la vera arma in più di un attacco chiamato a fare almeno un gol in più di quanti se ne incassino dietro. Vera prova da novanta in una serata come quella del Tardini, divertente, sì, ma per cuori forti. Il francese lo sa. E decide di risolverla con un tacco a coronamento di un’azione che rimarrà impressa per parecchio tempo. Si parlava di entusiasmo nei giorni del raduno: al netto dei problemi (che non mancano e che non vanno presi sottogamba) questa non può che essere la strada giusta.
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