Pippo Inzaghi è uno dei rossoneri più rossoneri della storia. Lo è ancora di più dato che lo è diventato dopo aver scritto parte di storia juventina. E l’asticella si è alzata ulteriormente quando ha deciso, in uno dei momenti di minor appeal del club più titolato al mondo, di accettare la proposta indecente di Adriano Galliani: appendere gli scarpini al chiodo, cominciare l’avventura da allenatore di squadre giovanili e, infine, sposare il progetto societario sedendosi nella panchina maggiore.
Ora siamo qui, al termine di una Guinness Cup al limite del tragicomico, piuttosto indifendibile, pur sempre calcio d’estate, ma brutto da non sembrar vero. Dieci gol subiti in tre partite, una rete messa a segno da Sulley Muntari e lacune evidenti ad ogni livello. A partire da una certezza: dovranno pure entrare ancora in forma, ma la coppia Rami-Alex non funziona e al momento non funzionano nemmeno singolarmente, in coppia con gli altri.
E in attacco? Finalmente (forse) qualcuno si è reso conto che, nella desolazione assoluta del panorama, Niang si è confermato a più riprese il più convincente. A tal punto che la volontà di mettere in ombra le sue prestazioni ha subìto una repentina inversione quando, ieri, è stato lui il giocatore intervistato da Milan Channel a Charlotte, assieme a Zapata e al mister.
Quindi la questione più spinosa: la mediana che, in fin dei conti, non c’è. Piccoli spiragli contro il Liverpool delle riserve? Sì, può essere, ma restano incancellabili gli approcci dei primi 180′, quando i problemi del reparto arretrato sono spesso partiti dall’inconsistenza a centrocampo. Per non parlare della ciliegina sulla torta firmata, ieri sera, da Essien. Uno che, se rimarrà, percepirà 3 milioni fino a giugno 2015. Così, giusto per ricordare.