L’arrivo di Jeremy Menez al Milan ha diviso il popolo rossonero. Il fantasista francese dispone di grandi qualità ma, nel corso della propria carriera, non ha mai brillato per continuità di rendimento. Riuscirà, tra le fila del Diavolo, a imporsi con regolarità? Si rivelerà utile alla causa o costituirà uno dei tanti flop di mercato delle ultime stagioni? Dal momento che nessuno dispone della sfera di cristallo, per lo meno a oggi, è impossibile dire se Jeremy sarà in grado di entrare nella storia del Diavolo. Per ora, possiamo soltanto evidenziare che la maggior parte dei giocatori francesi che hanno vestito la casacca rossonera, per motivi diversi, non è riuscita a lasciare il segno.
Il primo transalpino approdato al Milan fu Nestor Combin, centravanti classe 1940, con un passato alla Juventus e prelevato dal Torino nel 1969. In rossonero, alla corte di Nereo Rocco, Combin disputò due campionati caratterizzati da 10 gol in 32 partite. Niente di speciale, in apparenza, tanto che nel 1971 venne ceduto al Metz. Eppure, i veri tifosi del Diavolo non possono non ricordare la punta franco-argentina, che mise la propria griffe sull’epica finale di Coppa Intercontinentale del ’69. Nella gara d’andata, disputatasi a San Siro, Combin segnò la rete del momentaneo due a zero (3-0 il finale, con doppietta di Sormani). Al ritorno, di scena a La Bombonera, i rossoneri si aggiudicarono la coppa pur perdendo due a uno ma furono vittime di uno dei peggiori episodi della storia del calcio, tanto che Combin, considerato dagli argentini un traditore per aver scelto la nazionale francese, uscì dalla contesa con naso e zigomo fratturati e fu arrestato in quanto considerato un disertore (dodici ore dopo, una volta dimostrato di aver prestato il servizio militare in Francia, venne rilasciato). Che dire, gioie e dolori!
Nell’estate del 1992, un Milan intenzionato a dominare sia in Italia sia in Europa riuscì ad aggiudicarsi per 14 miliardi di lire Jean-Pierre Papin, attaccante pallone d’oro con il Marsiglia nel 1991. In Serie A, il francese non riuscì a ripetere le gesta dei tempi migliori, ma fu comunque in grado di risultare decisivo in determinate situazioni. Nel suo primo campionato con la maglia del Milan, nella stagione ’92-’93, Papin mise a segno 13 gol e fu, insieme a Van Basten, il giocatore più prolifico a disposizione di Fabio Capello. Nel campionato successivo, invece, racimolò soltanto 5 gol in 18 presenze. Ciò nonostante, nel suo biennio rossonero, Papin vinse due scudetti, due supercoppe italiane e una Champions League. Non male, insomma.
Meglio ancora andò a Marcel Desailly, che arrivò al Milan nella stagione 1993/1994. Dinamico, aggressivo e dotato di un fisico devastante, pur potendo giocare anche come difensore, Desailly venne schierato in prevalenza come centrocampista centrale e rappresentò una vera e propria diga. Rendimento eccezionale. Il colosso francese divenne uno dei perni dello scacchiere tattico di Fabio Capello e, in rossonero, conquistò due campionati, una Supercoppa italiana, una Champions League (andò a segno nello storico 4-0 rifilato al Barcellona nella finale di Atene) e una Supercoppa europea. Lasciò il Milan al termine della stagione 1997/1998. Pilastro.
Nel dicembre del 1995, per 7 miliardi di lire, il Milan prelevò dal Cannes il diciannovenne Patrick Vieira. Il ragazzo, che in Francia aveva impressionato per doti fisiche e d’interdizione, faticò però ad ambientarsi e, chiuso dai mostri sacri, racimolò la miseria di due presenze. Certo, al Milan vinse uno scudetto, ma non riuscì a far parlare di sé. Nella stagione successiva venne ceduto all’Arsenal e, in breve tempo, divenne un centrocampista di livello mondiale. Roba da mangiarsi le mani…
Un vero e proprio flop fu Christophe Dugarry, attaccante che arrivò al Milan nel 1996, dopo che nell’annata precedente aveva rifilato una doppietta ai rossoneri, eliminandoli dalla Coppa Uefa, nei quarti di finale. Acquistato dal Marsiglia per 6 miliardi, Dugarry disputò una stagione deludente, caratterizzato da 5 gol in 21 presenze. Peggio ancora fece il Milan, che dovette abbandonare la Champions League dopo la fase a gironi e concluse il campionato a metà classifica. Il francese venne ceduto, un anno dopo, al Barcellona. Nemmeno in blaugrana, però, riuscì a incidere. Un disastro.
Arriviamo adesso a Ibrahim Ba. Arrivato al Milan in occasione della stagione 1997/1998, che avrebbe dovuto rappresentare la rinascita rossonera ma che culminò con un deludente decimo posto, il francese era un esterno di centrocampo dotato di grande forza fisica e resistenza. Peccato che non fosse continuo nel rendimento. Dopo due anni di alti e bassi, in cui giocò con una certa regolarità e vinse lo scudetto targato Zaccheroni, collezionò pochissime presenze e venne mandato in prestito al Perugia, al Marsiglia e al Bolton. Tornò al Milan nel 2007 ma, in quella stagione, in cui il Diavolo vinse la Supercoppa europea e il Mondiale per club, non scese mai in campo.
Meglio non andò a Bruno N’Gotty che, pur avendo vinto uno scudetto e avendo firmato il gol della vittoria nella gara esterna contro il Bologna, si fece notare per un rendimento a dir poco discontinuo e per frequenti, nonché gravi, défaillance. Nel gennaio del 2000, passò al Venezia ma continuò a deludere (celebre è l’autogol di tacco con cui, nella sfida contro la Roma, beffò il suo portiere), tanto da tornare ben presto in Francia, al Marsiglia.
Nell’estate 2004, un Milan Campione d’Italia in carica rinforzò il proprio centrocampo con Vikash Dhorasoo, che nei due anni precedenti si era messo in mostra tra le fila del Lione. Brevilineo ma dotato di ottime qualità balistiche, però, in rossonero Dhorasoo non trovò spazio e fu spesso relegato in panchina. Autore di 19 presenze tra campionato, competizione in cui gli venne annullato un gran gol in realtà regolare, e Champions League, nonché vincitore di una Supercoppa italiana, fu ceduto al PSG dopo una sola stagione.
Capitolo Gourcuff. Arrivato alla corte di Ancelotti nel 2007, per 3 milioni di euro, il centrocampista francese era una promessa del calcio internazionale e disponeva di grandi qualità, tecnica di base, senso del gioco e abilità nell’inserimento in primis. Le prime partite, culminate con un bel gol di testa contro l’AEK Atene durante la prima gara della fase a gironi di Champions League, fecero ben sperare. Invece no. Si trattava di un’illusione. Ben presto, il ragazzo dimostrò discontinuità e poca professionalità, divenendo in breve tempo una riserva, prima di essere ceduto al Bordeaux in prestito con diritto di riscatto fissato a 15 milioni. Genio (poco) e sregolatezza (molta). Per ulteriori chiarimenti, chiedere a Paolo Maldini.
Al termine della stagione 2007/2008, per portare linfa nuova a una mediana un po’ logora, Adriano Galliani si assicurò Mathieu Flamini, svincolatosi dall’Arsenal. Il francese era un interno grintoso, bravo in interdizione e negli inserimenti e dotato di una conclusione potente. Comprimario di valore. Dopo un anno di appannamento dovuto a dissidi con Leonardo, che pretendeva di giocare con un solo incontrista, con l’arrivo di Allegri, Mad Dog tornò a giocare con continuità, tanto da essersi rivelato fondamentale per la conquista del diciottesimo tricolore. Quando in campo (fu vittima di molti infortuni), fece sempre abbastanza bene. La scorsa estate, nonostante ci fossero gli estremi per un rinnovo, ha deciso di tornare all’Arsenal perché pretendeva un sensibile ritocco dell’ingaggio. Testa calda dal buon rendimento.
Una volta conquistato scudetto numero 18, per garantire ad Allegri una difesa granitica, Adriano Galliani aveva raggiunto l’accordo con Philippe Mexes. Il centrale ex Roma, pur disponendo delle carte in regola per essere un top player, ha però deluso le aspettative e ha messo in scena un rendimento altalenante. Le belle prove della scorsa stagione, culminate con la rete contro il Siena, si compensano con gli errori commessi nelle fasi clou dell’annata 2011/2012, alle squalifiche evitabili in cui è spesso incappato e al pessimo profitto evidenziato nel corso del campionato appena concluso. Bilancio al momento negativo. Verrà ceduto o rimarrà ancora un anno?
Arrivato dal Cannes non ancora maggiorenne, M’Baye Niang avrebbe dovuto essere l’esterno d’attacco rossonero del futuro, il nuovo Henry, secondo alcuni presunti esperti di Ligue 1. In rossonero, invece, il francese si è contraddistinto per bravate e per buoni spunti accompagnati da grosse mancanze. Già, eccezion fatta per una buona corsa e per un bel fisico, M’Baye non è mai riuscito a sfondare e ha manifestato problemi dal punto di vista tecnico e comportamentale. Ora che non verrà riscattato dal Montpellier, tornerà al Milan. La società rossonera, però, farà il possibile per trovargli un’altra collocazione…
Completa il quadro dei franco-rossoneri Adil Rami. Il centrale di proprietà del Valencia è arrivato al Milan a gennaio, in prestito semestrale, con diritto di riscatto. In possesso di potenza, stacco di testa, personalità e aggressività, il difensore transalpino ha dato il massimo e ha cercato di sopperire alle proprie lacune tecnico-tattiche con dedizione e professionalità. Rinforzo importante. Dopo un inizio difficile, Rami è riuscito a fare bene e a guadagnarsi di una maglia da titolare, meritandosi sul campo il riscatto. Ora la palla passa al Milan che, colpi di scena permettendo, dovrebbe ottenere uno sconto dal Valencia e acquistare Adil a titolo definitivo.
This post was last modified on 13 Giugno 2014 - 02:01