Ospite a Milan Channel, nel corso del programma “Terza Pagina”, Maurizio Pistocchi, giornalista Mediaset, ha parlato di tante tematiche riguardanti il mondo rossonero:
Su Inzaghi: “Lo stimo molto, è un ragazzo che ha dimostrato che con l’applicazione e la voglia is possono raggiungere risultati anche se mancano delle qualità. Lui non tirava da fuori, non aveva il colpo di testa, gli mancava la tecnica, ma è diventato uno dei calciatori più prolifici del nostro calcio, mostrando a tutti che con il lavoro ogni cosa è possibile. Se dovessi dargli un consiglio gli direi di non partire da una squadra importante. Se abbiamo bisogno di un medico non andiamo da un neolaureato, cerchiamo persone che abbiano conoscenza ed esperienza di alta qualità. Non può bruciarsi in una prima squadra. Non è detto che uno che ha giocato abbia più conoscenze. Prendete Sacchi, oppure Mourinho che ha giocato a basso profilo. Non c’è una ricetta di base, dipende dalle persone. Ma io tendenzialmente dico che sia necessario fare esperienza, confrontarsi”.
Uno sguardo al futuro: “In questo momento la maggior tensione c’è proprio tra i tifosi del Milan, questo perché sono stati abituati molto bene, il Milan è stato sempre protagonista, ma questo non succede più ormai da un po’ di anni. Una delle problematiche di quest’anno è stata la diarchia, con due persone non è facile portare tutto in un’unica direzione. I problemi sono nati nel 2011: a Berlusconi Allegri non piaceva molto e il peccato esiziale della crisi del Milan nasce con la cessione di Pirlo, perché si può sbagliare ad acquistare un giocatore ma mai a venderlo, lo vedi ogni giorno, conosci a pieno ciò che ti può dare e quindi è una cosa imperdonabile. La partenza di Andrea non è vero che è dovuta a quella sua stagione. Allegri voleva giocatori capaci di rubare la palla e il centrocampista bresciano non lo era. Il Milan doveva capire che forse era meglio non rinnovare altri contratti, creando una squadra con i polmoni, in grado di sorreggere Pirlo. Da lì in poi il Milan ha iniziato a rincorrere qualcosa che non aveva mai fatto, cioè una squadra che credeva solo nei giocatori, prima Ibra e poi tutta una serie di personalismi. Il Milan è passato dall’essere padrone del campo e del pallone, a un gioco dove si passava la palla agli avversari e si attaccava solo in contropiede”.
Su Kakà: “Ho una grandissima considerazione di Kakà, sia come giocatore che come uomo. Ho sempre pensato che uno come Kakà debba essere il simbolo del Milan. Dal punto di vista tattico credo che vada sorretto meglio, credo sia il giocatore sul quale il MIlan deve puntare per ricostruire la squadra. Anche se non è giovanissimo non ce ne sono tanti come lui in giro. E’ un giocatore che sta bene sempre in una grande squadra”.
This post was last modified on 2 Maggio 2014 - 11:40