Silvio Berlusconi è tornato a fare il proprietario-presidente del Milan. Da lui ci si aspettava una parola sul futuro di Clarence Seedorf, piuttosto che sulla vittoria del Derby. Il primo tifoso rossonero si è fatto sentire per mettere i paletti ad una riforma della sicurezza degli stadi dopo i fatti vergognosi di sabato scorso all’Olimpico di Roma.
“Non credo sia utile e possibile quello che leggo, ovvero che la sicurezza negli stadi venga affidata alle società di calcio – ha affermato l’ex premier -. Questo per due motivi: tutte le società presentano bilanci difficili molti in deficit e non possono permettersi questa spesa, e anche perché non avrebbero mai la competenza per un efficace sistema di sicurezza”. Berlusconi, insomma, ha parlato proprio da proprietario di una squadra di calcio. Vale a dire stoppando ogni ulteriore aggravio sul bilancio del club. Un’affermazione legittima se si pensa all’imprenditore, meno se vogliamo rapportarlo a politico, se non proprio a uomo dello Stato a capo del governo per oltre otto anni negli ultimi tredici.
Non è immaginabile, infatti, che un Paese come il nostro non possa demandare (e quindi responsabilizzare) alle società sportive l’incarico di garantire la sicurezza durante le partite. L’esempio, senza scadere nello scontato, è ancora una volta quello inglese, dove tutto l’apparato è in mano ai club. Gli stessi club che hanno pagato a caro prezzo sia le riforme della Signora Thatcher, sia l’allontanamento per cinque anni dalle competizioni europee dopo i fatti di Bruxelles. Se vogliamo garantirci per sempre un calcio “civile” (contrapposto alle scene di sabato scorso), qualche sacrificio si dovrà pur fare. O il tifoso (anche il più ricco che si compra una squadra) pensa ancora ad un Stato “assistenzialista”? E’ amaro da dirsi, ma colpire le società di calcio sui soldi può essere davvero l’unica strada.