Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Collabora con La Gazzetta dello Sport, Il Giornale e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
Se uno come Gigi Buffon esordisce dicendo che “abbiamo avuto buona sorte“, c’è sostanzialmente da credergli. E se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, è anche vero che il Milan di ieri sera ha fatto tanto per dominare la gara ma poco, veramente poco, per concretizzare le tante palle giocate. E qui nascono le due ormai note correnti di pensiero rossonere: gli arrabbiati per le occasioni sprecate, perché “il Milan è pur sempre il Milan e non è possibile essere così poco cinici“, contro gli inguaribili ottimisti, perché “se pensiamo a qualche mese fa, col gioco che fa questo Milan c’è da leccarsi i baffi”.
Come al solito, la verità sta nel mezzo: i 31 punti di differenza, 34 dalle 22.50 di ieri, certo non si sono visti. La Juve di Conte è forte, massiccia e consapevole. E, in quanto tale, le basta poco (in Italia) per portarsi a casa determinate partite. Non è una delle più grandi squadre mai viste e non è nemmeno una delle Juventus più forti di sempre, ma il mantra Contiano ormai è assimilato. E così puoi permetterti di vincere due a zero a San Siro con in campo Caceres, un Pirlo in vena di errori a raffica e un Pogba rimasto negli spogliatoi. Forse al Melià. Forse a Torino. Ma poi c’è Carlitos Tevez, quello che il 12 gennaio 2012 era del Milan, in un poderoso tandem con Fernando Llorente, vero crack dell’annata bianconera.
E il Milan? Il Milan è grande in tre nomi: capitan Riccardo Montolivo, che magari giocasse sempre come ieri sera, Adel Taarabt, uno dei pochi che non si è ancora imbolsito in Serie A e perciò salta l’uomo con serenità e Andrea Poli, tanto bistrattato in questi mesi, ma in grado di regalare l’imprevedibilità che serve al 4-2-3-1 marmoreo di Clarence Seedorf. Che, peraltro, sbaglia tutti i cambi. Panchina corta e non all’altezza? Può essere, ma non inserire Petagna in un attacco così leggero, soprattutto quando devi recuperare il risultato, è parso l’autogol più grande della serata. Grande quasi come quel 12 gennaio 2012, uno dei giorni più bui nella storia del Milan di Silvio Berlusconi.
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This post was last modified on 3 Marzo 2014 - 12:13