Nella notte di Madrid una delle poche stelle che brillano sul campo è quella di Kakà. Il figliol prodigo del popolo rossonero ci mette come sempre il cuore e i tifosi lo sanno. Ad oscurare ulteriormente una notte già piena di ombre tuttavia c’è la notizia, a pochi minuti dal fischio d’inizio, che l’indagine sul rapporto del giocatore brasiliano con la Tamid Sport & Marketing, società che lo rappresenta sotto la veste finanziaria, è stata rinviata a giudizio con conseguente processo. L’accusa è di dichiarazione infedele con conseguente pagamento di un’aliquota più bassa sull’imponibile.
La decisione è stata presa dal pm Francesco Greco, nonostante il precedente accordo raggiunto dal calciatore con l’agenzia delle entrate, che ha già portato al pagamento di una sanzione di due milioni di euro. A darne la notizia a Libero, che aveva riportato i fatti in esclusiva a novembre, il legale di Kakà, Daniele Ripamonti: “Sono in attesa della notifica, ma informalmente ho saputo che la procura ha preso questa decisione. Posso solo sottolineare che, trattandosi di fattispecie di minor rilevanza, non compariremo davanti al gup ma davanti a un giudice monocratico – ha spiegato – Non c’è contestazione di frode fiscale, ma solo di irregolarità nella dichiarazione dei redditi. Sono sorpreso perché la stessa agenzia delle entrate aveva già escluso che tra Ricardo e la Tamid ci fosse un’interposizione fittizia. Abbiamo depositato una memoria corposa, ma evidentemente non è bastato. Kakà ha sempre pagato tutte le tasse in Italia, anche quando giocava nel Real Madrid. Peraltro avrebbe potuto legittimamente trasferire i suoi interessi in Spagna, per usufruire di un’aliquota più bassa, cosa che ha scelto di non fare. Chiarisco tra l’altro che lo stesso Kakà ha sempre pagato la differenza tra l’aliquota attribuita alla società e quella che spettava a lui in quanto persona fisica. Insomma: si è sempre comportato come un perfetto cittadino, e per etica personale non avrebbe mai potuto agire diversamente”.
In questi casi le norme prevedono anche una pena da uno a tre anni, ma Ripamonti non è preoccupato: “Si tratta di una questione tecnica di diritto tributario che ci auguriamo porti al proscioglimento completo. La verità è che siamo arrivati a questo punto perché in questo campo la giurispudenza è oscillante e la legislazione poco chiara. La cosa che mi auguro sia chiara a tutti invece – sottolinea Ripamonti – è che Kakà si è sempre comportato in maniera esemplare con lo Stato italiano. Una legislazione non chiara come in questo caso crea delle zone grigie che non garantiscono i contribuenti: loro pensano di fare tutto rispettando la legge, si affidano a professionisti di primissimo livello e poi sono vittime di spiacevoli sorprese come questa”. Sperando che la situazione si risolva nel modo migliore per il numero 22 rossonero è tuttavia da capire quale impatto questo processo potrà avere sulla sua immagine, a cui tiene molto, alla sua concentrazione e alla possibile convocazione ai mondiali a cui spera di partecipare.
This post was last modified on 9 Settembre 2018 - 16:21