Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Collabora con La Gazzetta dello Sport, Il Giornale e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
Metti una sera di fine marzo e quattro protagonisti. Quattro storie che si intrecciano tra sogni, speranze e utopie. Che non sempre premiano chi realmente merita, perché il calcio non è una scienza così perfetta. Lo sa Ricardo Kakà, doppietta nel giorno della sua trecentesima gara rossonera e la consapevolezza che il Mondiale di casa lo vedrà quasi certamente in poltrona, magari allo stadio, ma solo in tribuna. Pensare che a Robinho basta giocare un quarto d’ora al mese per sapere che Felipe Scolari non farà a meno di lui nella spedizione verdeoro. Casi strani, idee che diventano dogmi e che paiono più frutto di una scarsissima elasticità mentale, fiore all’occhiello di tanti tecnici di oggi.
Non è il caso di Cesare Prandelli, che con Mario Balotelli è stato chiaro in più di un’occasione. Come quando, all’indomani dell’eliminazione rossonera dalla Champions, chiarì: “Io, dei 23 per il Mondiale, non ho ancora deciso nulla, l’unico titolare è Buffon. Tutti gli altri sono sotto osservazione, Balotelli compreso“. Che poi, lo sappiamo, non esiste nemmeno l’1% di possibilità che il ct lasci a casa l’elemento attorno al quale ha sempre costruito la sua idea azzurra, ma in quel momento era importante dare quel tipo di segnale. E Balo sembra averlo capito: col Chievo, gol a parte, è una prova di maturità che fa il paio con la serata di Firenze. Basti pensare a quelle parole finali sull’arbitro, quello “stupido” utilizzato per definire la mancanza di dialogo tra giocatori e direttore di gara, ma che poteva essere male interpretato… almeno fino alla pronta rettifica dello stesso Mario.
E poi c’è l’outsider, quello che non ti aspetti e che non ci penserà nemmeno al Mondiale e al Club Italia. Troppi alti e bassi in carriera o forse, più semplicemente, troppi compagni che in passato lo hanno messo costantemente in ombra. Da 180′, Daniele Bonera sembra rinato su quella fascia destra che non vedeva da oltre un anno e che, più in generale, aveva occupato con maggiore frequenza solo nell’era Ancelotti. Siamo all’utopico, ne converrete tutti, ma è così astratto credere che l’esperienza di Bonera, fosse anche da panchinaro “di lusso”, possa giovare all’ItalBrazil?
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