Il calcio secondo Seedorf. Apre così, stamane, La Gazzetta dello Sport, che dopo un incontro a cena con l’allenatore olandese propone una lunga intervista piena di senso. Una serie di parole dolci e misurate, di calcio vero.
Seedorf inizia spiegando dettagli ed emozioni del suo ritorno in rossonero: “Improvviso, più imprevedibile e meno contorto di quanto abbiate scritto, ma non inaspettato: con il Milan e i suoi dirigenti il filo della stima e dell’affetto non s’è mai interrotto“. Ma nessuna polemica con Allegri: “Non parlo, non sarebbe corretto né elegante“. E poi un avviso ai media: “Nella mia carriera avrò speso al massimo 500 euro di giornali: so valutare le mie prestazioni e non mi piace essere influenzato. O criticato da chi non sa le cose: se uno gioca da vent’anni e in panchina per una volta indossa le ciabatte un motivo ci sarà…“.
Professore e psicologo, il suo lavoro è scrupoloso, gentile e soprattutto umano. Ecco cosa chiede Seedorf ai suoi giocatori: “I giocatori devono ritrovare la convinzione in se stessi. Per questo, ho cambiato ritmi e consuetudini di allenamento. Voglio che giochino, ridano, si divertano. Nelle sedute tecniche non mi soffermo mai troppo sugli errori. Mostro loro soprattutto ciò che hanno fatto bene. Erano appena dieci minuti? Fantastico, possono diventare venti, poi trenta, e infine una partita intera. Bisogna partire sempre da ciò che funziona. Nel calcio moderno il sistema esiste solo nella fase difensiva, in quella offensiva c’è fluidità totale, sei giocatori che si muovono continuamente in sincronia senza dare punti di riferimento. Per questo le domande sul modulo di gioco mi annoiano…“.
Immancabile un riferimento, pieno di passione, a Balotelli: “Mario in realtà è una persona squisita, dolce, sensibilissima. Si sente gravato di responsabilità enormi e, in fondo, non sue. Occorre sollevarlo, anzi liberarlo, dall’obbligo di rappresentare un simbolo. Restituire all’individuo il suo valore centrale significa sviluppare il potenziale umano con serenità. Errori compresi. Solo così diventerà un campione completo: quel giorno sarà una vittoria per me e tutti“. Sui suoi maestri del passato, invece: “Ho cominciato con Van Gaal, un mito distante. Ho apprezzato enormemente Ancelotti, Lippi e Capello. Fabio è l’uomo che mi ha trasformato: con lui ho smesso di girare per il campo in cerca di gloria, mi ha dato una posizione e soprattutto la convinzione che mi serviva per diventare un leader. Sì, i tre italiani hanno davvero qualcosa in più“.
Seedorf vuole dire anche sociale, a dimostrazione che siamo di fronte ad un personaggio mondiale: “Occorre uscire dalla gabbia della crisi: non si tratta di essere positivi, basta essere realisti. Io un piano ce l’ho ed è semplice. Voglio che i miei figli vivano in un mondo migliore di questo, in un ambiente fisico più sano e non inquinato, con valori più veri. A questo serve la mia fondazione Champions for Children, educare attraverso lo sport. E lo sport, non il calcio soltanto, è un veicolo formidabile anche per noi adulti. Smettiamo tutti di concentrarci sulle circostanze. Non mi interessa l’episodio, la recriminazione, la sfiga, il risultato parziale. Ciò che conta è il finale. Mi esalta l’essenza, la possibilità che il gioco di squadra trionfi per le ragioni giuste. Il valore dell’esempio, dal politico al giocatore all’allenatore, è un immenso collante sociale“.
Nessuna illusione: “Per carità, non c’è ancora niente da festeggiare. In Brasile stavo benissimo, l’ambiente mi riconosceva una professionalità, diciamolo, una serietà che tanti miei colleghi non hanno“. Infine, un messaggio rossonero per l’avvenire: “Obiettivi? Per ora a ritrovarsi, anche fisicamente. Poi si costruirà partendo dalle basi, dai giovani. Bisogna avere ambizione: solo in Italia ambizione è una parola sporca…“.