Franco Baresi ha rilasciato una lunga intervista a Goal.com, nella quale ha parlato sia del Milan e del suo non facile momento, sia della Nazionale, che si sta preparando al prossimo Mondiale, di scena fra qualche mese in Brasile. L’ex capitano rossonero ha cominciato parlando del neotecnico Clarence Seedorf, espressamente voluto dal presidente Silvio Berlusconi, come era già accaduto con alcuni altri trainer del passato, tutti autori di grandissime vittoria con la squadra rossonera.
Baresi spiega le varie situazioni che hanno accompagnato mister del calibro di Sacchi, Capello ed Ancelotti: “Nel caso di Sacchi è stato bravo il Presidente, nessuno lo conosceva. E’ stato solo intuito del Presidente. Ma io penso che il ruolo dell’allenatore abbia ogni volta una storia a sé. Un allenatore può avere o non avere esperienza. Ci sono tanti fattori che possono essere determinanti. La fortuna, la squadra che uno ha disposizione, la stima e la fiducia della società. Ancelotti ha dimostrato tutto il suo valore e le sue capacità, ma ha anche avuto la fortuna di arrivare in un momento d’oro, negli anni 2000, quando il Milan era super. Mentre per Seedorf sarà più difficile perché arriva in un momento di cambiamento, in un periodo molto diverso a livello economico e di investimenti, quindi sarà sicuramente più difficile. Uno può avere anche tante idee belle, ma se poi il materiale che ha a disposizione non ti permette di metterle in pratica diventa dura. Però ovviamente, nonostante le differenze di base, spero che si possa ispirare proprio ad Ancelotti che nei tempi recenti è stato sicuramente il migliore, a livello calcistico e a livello umano”.
Nel frattempo, il nuovo tecnico si è presentato con un’idea tattica ben precisa in mente, il 4-2-3-1 che ricorda molto il 4-2-fantasia di Leonardo: “Diciamo che Leonardo aveva altri interpreti. Ronaldinho e Pato ai lati con Borriello centrale, tutti e tre non tornavano. Quello di Leonardo era più un 4-3-3, Seedorf giocava dietro Borriello. Poi se hai in difesa Maldini e Nesta, tutto è più semplice. Ad esempio, il Barcellona ha una cultura in cui riesce a tenere il possesso del pallone 89 minuti su 90, ma se tu non riesci a tenere la palla così tanto, diventa complicato fare un calcio così offensivo, perché poi ovviamente ci sono anche gli avversari”.
La sconfitta contro l’Udinese brucia ancora dalle parti di Milanello: “La Coppa Italia era importante, per andare in Europa serve almeno un quinto posto. Manca ancora molto, ma il Milan può risalire. Mercoledì il Milan ha perso una partita che non poteva e non doveva perdere. Questa squadra deve soprattutto ritrovare fiducia. Al momento non siamo brillantissimi e poi siccome è la mente che fa andare le gambe, è ovvio che c’è ancora tanta preoccupazione. Ora bisogna essere bravi a ricostruire qualcosa senza buttare via tutto”.
Poi si passa ai singoli: ““Il calcio è un gioco collettivo. Il singolo conta fino a un certo punto. Anche l’inserimento di Honda può non essere facile perché trova un Milan non compatto. Balotelli non sa davvero quanto può dare, potrebbe essere veramente il futuro del Milan e della Nazionale, ma deve responsabilizzarsi”.
A proposito di giovani, si va sempre alla ricerca di “modelli stranieri”, ma l’ex numero sei è di diversa opinione: “Io credo che il Milan debba avere il suo modello. E’ normale andare a vedere e scoprire le altre culture e le altre realtà. Ma è difficile fare come fa il Barcellona, è un altro paese, un’altra cultura, un altro calcio. Io credo che il Milan debba rifondare, avere un progetto importante e piano piano riscostruirsi. Ci vorrà tempo. Bisogna scegliere giocatori di qualità giovani. Poi la società si muoverò di conseguenza, l’obiettivo è tornare a essere competitivi. E comunque non siamo morti, c’è la Champions League e proveremo e fare del nostro meglio”.